Macchine utensili in Italia: cresce l’età media ma aumentano automazione e digitalizzazione

Il parco macchine utensili e sistemi di produzione installato nell’industria italiana risulta più vecchio di quello di cinque anni fa. In particolare, nel 2019, l’età media dei macchinari di produzione presenti nelle imprese metalmeccaniche del paese è risultata la più alta mai registrata. Di contro cresce il grado di automazione e integrazione degli impianti, segno che le misure di incentivo alla competitività in materia 4.0 hanno avuto i primi effetti.

Questo, in sintesi, è quanto emerge dalla ricerca “Il Parco macchine utensili e sistemi di produzione dell’industria italiana”, condotta da Ucimu-Sistemi Per Produrre, l’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione, in collaborazione con Fondazione Ucimu e realizzata con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e di ICE Agenzia e Unioncamere.

L’indagine, effettuata con cadenza decennale e giunta alla sesta edizione, arriva ad appena cinque anni dalla precedente, con l’obiettivo di misurare i primi effetti della politica industriale 4.0 adottata dal Paese. I risultati dello studio sono stati presentati il 29 giugno nel corso dell’incontro online cui sono intervenuti Barbara Colombo, presidente Ucimu, Marco Verna, responsabile settore meccanica industriale ICE Agenzia, Marco Fortis, economista, e Stefania Pigozzi, responsabile Centro Studi Ucimu.

Condotto su un campione rappresentativo di oltre 2000 imprese con più di 20 addetti, lo studio fornisce il quadro su numerosità, età media, grado di automazione/integrazione, composizione e distribuzione (per settore, dimensione di impresa, aree territoriali) del parco macchine utensili e sistemi di produzione dell’industria del Paese al 31 dicembre 2019. In questo quadro, l’indagine fotografa lo stato dell’industria manifatturiera metalmeccanica italiana, proponendo indicazioni in merito al grado di competitività dell’intero sistema economico nazionale. Le unità produttive censite sono pari al 15% dell’universo delle imprese del settore e danno occupazione al 17% degli addetti impiegati.

Per meglio contestualizzare i dati emersi dall’indagine è bene considerare alcuni numeri di scenario. Secondo i dati dell’ultimo censimento effettuato da Istat nel 2017, l’industria metalmeccanica del paese ha subito un ulteriore ridimensionamento rispetto a quanto già rilevato nel censimento precedente del 2011. È diminuito il numero delle fabbriche risultate, nel 2017, 15241, (-3,7%) ed è calato anche il numero degli addetti impiegati, scesi sotto 1,15 milioni di unità (-3,1%).

Dall’indagine emerge un incremento dell’età media del parco macchine a 14 anni e 5 mesi, pari a un anno e 9 mesi in più rispetto alla rilevazione precedente, determinato dalla ancora ampia presenza all’interno degli stabilimenti, di macchine vetuste, risultate pari a circa la metà del parco installato. D’altro canto, il livello tecnologico del parco macchine è decisamente cresciuto grazie ai nuovi investimenti effettuati nell’ultimo periodo, investimenti che riguardano tecnologie dotate di più alti livelli di automazione e integrazione, certamente stimolati dalle misure di incentivo 4.0.

“Dai risultati della ricerca emerge la tendenza all’allargamento della forbice tra imprese che investono e crescono in competitività e imprese che restano ferme”, ha rilevato Barbara Colombo (nella foto al centro), presidente Ucimu.

“I provvedimenti per sostenere l’ammodernamento del parco macchine e per incentivare la transizione 4.0 del manifatturiero del paese hanno prodotto effetti interessanti ma non ancora sufficienti ad assicurare la trasformazione digitale del metalmeccanico. Per questa ragione, occorre che le misure attualmente operative, quali il credito di imposta per gli acquisti in nuove macchine tradizionali e con tecnologia 4.0, proseguano oltre il 2022. Anche in considerazione del crescente gap tra imprese innovative, per lo più realtà con almeno 100 addetti, e imprese ferme alle tecnologie di vecchia concezione, tipicamente di dimensione ridotta, chiediamo alle autorità di governo di rendere queste misure strutturali, così da permettere alle aziende di fare piani di investimento di medio lungo-termine, attraverso i quali cadenzare i programmi di acquisto”, ha continuato la presidente.

“Inoltre, parallelamente a ciò chiediamo che sia allungata anche l’operatività della misura del credito di imposta per la formazione (che oggi, nel calcolo, contempla anche il costo del formatore) così da assicurare alle imprese un corretto supporto per l’aggiornamento del personale. Solo così gli investimenti in tecnologie di nuova generazione potranno realmente assicurare all’impresa miglioramento della produttività e l’efficienza necessaria a vincere la sfida della competitività nello scenario internazionale”, ha concluso Barbara Colombo.