L’organizzazione della raccolta e del riciclo va ristrutturata
Si è conclusa nel gennaio 2016 l’indagine conoscitiva avviata nel 2014 dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) sul settore della gestione dei rifiuti solidi urbani (RSU). L’indagine era stata decisa a seguito di numerose segnalazioni che denunciavano importanti criticità concorrenziali nel settore della raccolta e del riciclo dei rifiuti solidi urbani.
“Quella della gestione degli RSU”, ha detto il presidente dell’AGCM Giovanni Pitruzzella, “è una grande questione economica, ambientale e anche giudiziaria. Basti pensare all’attività delle ecomafie e alla necessità d’intensificare il controllo della legalità”.
A suo parere “una maggiore e migliore conoscenza della situazione può suggerire interventi innovativi e risolutivi”. Si tratta di adeguare il sistema italiano alla direttiva europea che prevede una quota di riciclo pari al 50% entro il 2020, mentre nel nostro Paese è di circa il 39% (dati Eurostat 2013), contro il 65% della Repubblica Federale Tedesca, il 58% dell’Austria e il 55% del Belgio.
Dall’indagine emerge con chiarezza come l’ampliamento degli spazi di concorrenza si coniughi con il raggiungimento degli obiettivi ambientali. La quota di raccolta differenziata e di riciclo dei materiali potrebbe essere incrementata attraverso la raccolta “porta a porta”. Quest’ultima risulta più costosa, ma complessivamente consente una gestione dei rifiuti più economica (produce “valore”) e più ecologica (promuove l’uso dei “riciclati”).
Finora l’organizzazione della raccolta è stata incentrata sui Comuni, con la presenza di un gran numero di operatori di piccole dimensioni, con il frequente ricorso all’affidamento del servizio in via diretta e senza gara e con la durata degli affidamenti eccessivamente lunga (fino a 20 anni). Il sistema dovrebbe cambiare con contratti più brevi (massimo 5 anni) e gli affidamenti da ridefinire sulla base dei bacini di raccolta, con una gestione che disincentivi il conferimento in discarica. Inoltre, occorre una riforma del sistema consortile (Conai - Corepla), che ha svolto il ruolo dell’avvio a riciclo della raccolta differenziata, ma che ora dovrebbe evolversi in un modello concorrenziale e… i produttori di imballaggi dovrebbero rispettare il principio “chi inquina, paga”.
Infine AGCM ritiene necessaria e urgente l’approvazione dell’articolo 37 del disegno di legge 2085 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza) - già approvato dalla Camera dei Deputati e attualmente in discussione al Senato - che mira a rendere concreta la possibilità di creare in Italia sistemi autonomi di gestione degli imballaggi post consumo al di fuori del sistema Conai, garantendo in questo modo una pluralità di attori.
Attualmente i produttori di imballaggi - che intendano dar vita a un sistema autonomo di recupero - devono presentare il progetto, investire economicamente per attivare il sistema di recupero/riciclo dei propri imballaggi e attendere l’esito del procedimento, che dura abitualmente da 2 a 7 anni. Intanto, durante questo periodo, devono continuare a pagare il Contributo Ambientale Conai (CAC). Per AGCM la definitiva approvazione dell’articolo 37 e il conseguente riconoscimento di sistemi autonomi è una priorità per l’intero sistema italiano di recupero e riciclo dei rifiuti da imballaggi post consumo.