Il coronavirus costringe a riprogrammare i piani

La recente emergenza causata dall’epidemia di coronavirus rappresenta una fonte di preoccupazione per gli esportatori italiani, soprattutto per quelli che hanno intensi rapporti commerciali con la Cina.

 

Come evidenzia Amaplast in un comunicato stampa, in tale scenario anche Chinaplas, originariamente prevista dal 21 al 24 aprile, su indicazione delle autorità locali è stata posticipata dal 3 al 6 agosto, sempre presso il National Exhibition and Convention Center (NECC) di Shanghai. Il rinvio della più importante fiera cinese per il settore delle materie plastiche e della gomma rappresenta un problema di non poco conto per le imprese italiane: implica, infatti, un differimento degli ordini che avrebbero potuto essere raccolti in fiera, al di là del fatto che il nuovo periodo coincide con l’inizio delle ferie estive.

 

Amaplast, sin dalle primissime edizioni (da oltre trent’anni, quindi), organizza la collettiva italiana a Chinaplas, raccogliendo una nutrita partecipazione. Anche per l’edizione del 2020 sono più di sessanta le aziende che avevano già confermato la propria iscrizione, prenotando oltre 2.000 metri quadri, che però, al momento, sono indecise sul da farsi, non avendo ancora ben chiara l’evoluzione dell’epidemia e, soprattutto, le tempistiche per un ritorno alla normalità.

 

A causa del fermo produttivo imposto dalle autorità cinesi alle aziende in vaste aree del paese - che peraltro ha seguito la pausa festiva per il capodanno - e dell’incertezza in merito ai tempi di ripristino dei normali ritmi di lavoro, si registrano diversi casi di rinvio delle consegne di macchinari già pronti per la spedizione oppure in fase di ultimazione presso gli stabilimenti dei costruttori. Il differimento delle installazioni - nonché di quello degli ordini e delle decisioni di investimento - può rappresentare un problema non indifferente per le aziende italiane (la maggioranza delle quali di piccole dimensioni), che potrebbero trovarsi a dover fronteggiare tensioni finanziarie, a causa del ritardo nei pagamenti.

 

Inoltre, vi sono alcune imprese che da tempo sono presenti in Cina con filiali produttive o commerciali che sono state costrette alla chiusura temporanea, a causa dell’arresto delle attività ma anche dell’interruzione della catena di approvvigionamento della componentistica o dei canali distributivi. A oggi, comunque, si ha già notizia di un progressivo, seppur lento ritorno alla normalità, con la riapertura delle sedi.

 

La Cina rappresenta un importante mercato di destinazione per i costruttori italiani di macchine, attrezzature e stampi per materie plastiche e gomma. Nel 2018, il valore delle esportazioni di settore verso il gigante asiatico ha sfiorato i 120 milioni di euro, portando il paese all’ottavo posto nella graduatoria degli sbocchi commerciali. Nei primi nove mesi del 2019 (ultimo dato Istat disponibile) le vendite avevano già superato abbondantemente i 110 milioni di euro. A fronte di questo trend, il totale dell’intero 2019 dovrebbe quindi aver oltrepassato ampiamente quello del 2018.

 

Una quota considerevole delle forniture italiane ai trasformatori cinesi è storicamente costituita da linee di estrusione, impianti tecnologicamente avanzati perlopiù progettati su misura. Ciò ben descrive da un lato la necessità delle imprese cinesi di investire in macchinari di qualità - non ancora prodotti localmente oppure offerti da concorrenti asiatici - per ammodernare le proprie fabbriche, dall'altro la capacità dei costruttori italiani di fornire linee complete chiavi in mano.