Cina: rallenta il crollo del commercio estero di macchine?

I dati del National Bureau of Statistics cinese riferiti al 2009 relativi all'import-export cinese di macchine per materie plastiche e gomma evidenziano, a confronto con il 2008, una certa stabilizzazione delle due correnti di scambio, ovvero un -29% all'import (fermandosi a quota 22 miliardi di RMB, pari a circa 2,3 miliardi di euro) e un -20% all'export (18,6 miliardi di RMB, pari a 1,95 miliardi di euro). Ciò rispetto alle ancor più negative rilevazioni delle precedenti frazioni d'anno, anche se rimane evidentemente considerevole lo scostamento rispetto a fine 2008 quando, sul 2007, era stato registrato un seppur limitato incremento dell'1% delle importazioni e un più rilevante 21% all'export. Dall'analisi delle principali voci doganali all'import si registra -40% delle macchine a iniezione, -19% degli stampi, -11% degli estrusori e -29% delle soffiatrici. Tutti i principali paesi fornitori della Cina hanno subito un brusco calo delle proprie vendite. Per esempio, gli acquisti dal Giappone, costituiti perlopiù da macchine a iniezione, sono crollati del 40%; quelli dalla Germania del 22%; in forte calo anche l'import da Corea del Sud (-33%) e Taiwan (-39%). Al quinto posto in classifica, come nel 2008, troviamo l'Italia, che però perde decisamente terreno: -29% complessivamente, anche se si rileva un andamento opposto per alcuni tipi di macchinari, come estrusori (+85%), macchine per formare e modellare (+9%) e impianti per mono e multifilamenti (+5%). Per le esportazioni, spiccano il relativamente contenuto -5% degli stampi (che però rappresentano il 48% del totale), il -34% delle macchine a iniezione e il -33% degli estrusori. Tra le prime posizioni dei paesi di destinazione dell'export cinese di macchine per materie plastiche e gomma, subito dopo Hong Kong (al comando, pur in seguito a un calo del 18% rispetto al 2008), si è verificata un'inversione tra Giappone e India, quest'ultima passata seconda alla luce di un suo lievissimo aumento dello 0,3% ma soprattutto del calo del 45% del Giappone, in funzione di un deciso rallentamento nella fornitura di stampi.