L’industria del riciclo resiste alla pandemia e cresce
Nonostante lo shock provocato dalla pandemia, nel 2020 l’industria italiana del riciclo ha confermato la sua posizione d’avanguardia a livello europeo. I flussi delle raccolte differenziate hanno sostanzialmente tenuto, con alcune filiere del riciclo che hanno già raggiunto in anticipo gli obiettivi fissati, mentre su altre, soprattutto nel primo semestre, hanno maggiormente pesato le restrizioni per il contenimento del Covid-19 e il calo della domanda, con un recupero solo parziale nella seconda parte dell’anno. Per una reale transizione ecologica oggi servono semplificazione normativa e incentivi all’uso dei prodotti riciclati. Il Pnrr costituisce una preziosa occasione per colmare il vuoto impiantistico in alcune Regioni italiane, per favorire l’efficientamento di importanti settori del riciclo e per sviluppare nuovi processi di riciclo. Sono queste le principali evidenze emerse dallo studio annuale “L’Italia del Riciclo”, il rapporto promosso e realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da Fise Unicircular (l’Unione Imprese Economia Circolare), presentato il 14 dicembre a Roma.
Il rapporto da anni registra una crescita costante delle quantità di rifiuti riciclati che, stando ai dati, è stata solo rallentata dall’arrivo della pandemia. Nonostante la crisi, infatti, il riciclo degli imballaggi nel 2020 si è mantenuto su un buon livello, con circa 9,6 milioni di tonnellate avviate a recupero di materia (dato stabile rispetto al 2019). Il tasso di riciclo è salito al 73% dell’immesso al consumo, con un incremento di 3 punti percentuali rispetto all’anno precedente. I tassi di riciclo dei rifiuti d’imballaggio si sono confermati sulle soglie record per l’intero continente: carta (87%), vetro (79%), plastica (49%), legno (62%), alluminio (69%), acciaio (80%).
Scenari differenti riguardano altre filiere per le quali sono stabiliti, a livello nazionale ed europeo, target di raccolta ovvero di riutilizzo/riciclo. Non centrano gli obiettivi le filiere di RAEE, veicoli fuori uso e pile. Nel 2020 il tasso nazionale di raccolta dei RAEE è stato pari al 38,4% dell’immesso al consumo, decisamente lontano dall’obiettivo del 65% previsto per il 2019. Discorso simile riguarda i veicoli fuori uso la cui percentuale di reimpiego e riciclo (85%) è rimasta distante dall’obiettivo del 95%, previsto per il 2015. Anche per pile e accumulatori portatili il tasso di raccolta si è fermato al 43%, due punti sotto il target previsto per il 2016. La pandemia ha chiaramente innescato una generale contrazione dei consumi che ha ridotto anche i quantitativi di oli minerali usati (-11% vs 2019) e di oli vegetali esausti (-12%) raccolti e avviati a riciclo. Per gli oli minerali la percentuale di raccolta è rimasta comunque al 46% (quasi il massimo raccoglibile) considerando anche il calo dell’immesso al consumo.
Dati riferiti al 2019 evidenziano trend in crescita per le raccolte differenziate della frazione organica (+7,5%) e dei rifiuti tessili (+8%), nonché per la filiera degli inerti che nel 2019 ha superato, con un anno di anticipo, il tasso di recupero di materia del 70%, toccando quota 78%. Per quanto riguarda gli pneumatici fuori uso, si stima siano state avviate a recupero di materia 82400 tonnellate e a recupero energetico 119 mila tonnellate. In piena evoluzione anche il riciclo dei rifiuti da spazzamento stradale (451 mila tonnellate, circa 7,5 kg/abitante) e quello dei solventi che raggiunge quota 77% dell’immesso al consumo.
Ripercussioni pesanti della pandemia si sono registrate anche sulla riduzione degli sbocchi esteri e di quelli nazionali a causa della crisi di alcuni settori produttivi (ad esempio quelli dell’automobile e dell’edilizia). Nei primi mesi di pandemia, il calo della domanda ha causato il crollo generalizzato dei prezzi delle materie prime che ha interessato sensibilmente anche i prezzi dei materiali riciclati. Oggi ci troviamo in una situazione opposta, in cui i più importanti fornitori (soprattutto la Cina, che è ripartita in anticipo), consci dell’attuale difficoltà a reperire materie prime, soprattutto quelle strategiche, ne hanno fatto scorta e le vendono in quantità limitate: questo determina incrementi di prezzi esponenziali per i materiali in commercio.