Biopolimeri e intermedi chimici a basso impatto ambientale
Alla presenza dell’amministratore delegato di Novamont, Catia Bastioli, e del governatore della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, il 19 ottobre a Patrica (Frosinone) è stato inaugurato il nuovo impianto di Mater-Biopolymer, società interamente controllata da Novamont, per la produzione di biopolimeri.
La struttura, in precedenza proprietà del Gruppo Mossi Ghisolfi e destinata alla produzione di PET, è stata rilevata da Novamont, dopo una trattativa partita nel 2010, con lo scopo di creare un nuovo polo industriale destinato alla produzione di biopolimeri Origo-Bi attraverso un processo sempre più sostenibile, costantemente orientato alla riduzione delle emissioni. L’operazione ha comportato un investimento di circa 70 milioni di euro da parte di Novamont, che ha previsto di investirne altri 30 milioni.
Con una capacità produttiva di 100 mila tonnellate all’anno di Origo-Bi e una superficie totale di 140 mila metri quadri, il sito di Patrica occupa circa 90 dipendenti e opera in stretta collaborazione con la divisione ricerca e sviluppo di Novamont, per testare nuovi poliesteri e varianti di processo che utilizzino materie prime rinnovabili.
Per la prima volta al mondo, a Patrica verrà prodotto anche THF - tetraidrofurano, un intermedio utilizzabile come solvente chimico e nell’industria farmaceutica - da fonti rinnovabili, secondo un approccio volto alla valorizzazione dei residui che ha consentito la messa a punto di un processo di purificazione delle acque reflue. Dal punto di vista dell’impatto ambientale, la riconversione dell’impianto produttivo per biopolimeri e la produzione di THF secondo tale processo consentiranno di ridurre di 246 mila tonnellate all’anno le emissioni di anidride carbonica equivalente e di 1,296 milioni i chilometri per il trasporto su ruota dei reflui che venivano smaltititi all’esterno del sito.
Mater-Biopolymer, in linea con la strategia Novamont basata sull’utilizzo di tecnologie per la rivitalizzazione di siti deindustrializzati, rappresenta un esempio virtuoso di sviluppo industriale in una logica di rigenerazione territoriale e di valorizzazione delle infrastrutture dismesse. L’impianto costituisce un ulteriore passo avanti nel modello di bioraffineria integrata nei territori promosso da Novamont, che a oggi conta sei siti riattivati e tra loro interconnessi, quattro tecnologie proprietarie e una serie di impianti di servizio innovativi, a loro volta in grado di generare nuovi prodotti.
“Lo sforzo di industrializzazione realizzato da Novamont negli ultimi anni è stato enorme e ha pochi uguali a livello europeo. Dobbiamo però essere coscienti del fatto che quanto fin qui costruito non avrà rilevanza se non sapremo utilizzarlo per moltiplicare i casi di rigenerazione territoriale al punto che questi prevalgano su quelli di degradazione. Insomma, dobbiamo lavorare insieme verso un approccio rigenerativo delle risorse naturali che non deve essere visto come un limite ma come una grande opportunità di ridisegnare su basi sostenibili la nostra società con le radici nei territori, più inclusiva e contributiva, dove i piccoli e i grandi trovano uno spazio equo. In tutto questo il mondo dell’agricoltura e il suolo e la sua preservazione e rigenerazione sono fondamentali e vitali”, ha dichiarato Catia Bastioli.