Imprese del riciclo, cresce la produzione ma il mercato è fermo

Nonostante 883 mila tonnellate di produzione di polimeri riciclati (+3,2% rispetto al 2023), il settore del riciclo meccanico delle plastiche italiano fatica a decollare: fatturato in calo (-0,8%, 690 milioni di euro) e prezzi delle materie prime seconde ai minimi dal 2020. È quanto emerge dal Report Assorimap – l’associazione nazionale riciclatori e rigeneratori di materie plastiche aderente a Confimi Industria – sul settore industriale del riciclo meccanico delle materie plastiche nel 2024, realizzato da Plastic Consult e presentato il 29 maggio alla fiera GreenPlast 2025, che analizza trend, criticità e opportunità di un comparto chiave per la transizione ecologica.

Bene il PET riciclato che supera le 230.000 tonnellate, registrando un +17,2% rispetto al 2023, trainato dalle norme UE sul bottle to bottle, ma è in controtendenza rispetto ad altri polimeri che rilevano un calo, penalizzati dal crollo dei prezzi di vendita e dalla concorrenza di quelli vergini.

“Guardando ai vari settori di utilizzo, gli imballaggi – sia rigidi che flessibili – trainano la domanda”, ha commentato Paolo Arcelli, direttore di Plastic Consult. “L’edilizia resiste nonostante le difficoltà sul mercato interno. Sul fronte opposto, casalinghi e garden, agricoltura e applicazioni di nicchia, registrano cali significativi”.

Il comparto è composto da 350 imprese attive – inclusi raccoglitori e selezionatori di rifiuti e scarti industriali – oltre 240 i produttori di materie prime seconde; 86 gli impianti specializzati in plastica post-consumo. La Lombardia guida la classifica (37% degli impianti), il Sud (23%) segue la tendenza dei consumi del Paese.

La filiera italiana è fragile, “da anni sopravvive, ma tra il 2024 e il 2025 sono arrivate le prime chiusure: due aziende”, ha rivelato Walter Regis, presidente di Assorimap. Il problema è nei costi: energia elettrica schizzata a 135€/MWh a fine 2024 e feedstock sempre più cari. Ma non solo. L’Europa ha raddoppiato la capacità produttiva di riciclati dal 2016, ma le importazioni low cost – soprattutto da Asia e Nord Africa – invadono il mercato, spesso senza garanzie di tracciabilità.

“È urgente intervenire con strumenti concreti”, ha affermato Regis. “Chiediamo un sistema europeo di certificazione, codici doganali specifici per distinguere riciclato e vergine, e soprattutto il riconoscimento economico del valore ambientale del riciclo, attraverso meccanismi simili all'Emission Trading”.

Gli studi confermano il potenziale delle imprese: ogni tonnellata di plastica riciclata evita tra 1,1 e 3,6 tonnellate di CO2 rispetto a incenerimento, discarica o produzione di vergine. Su scala nazionale, questo si tradurrebbe in 7,2 milioni di tonnellate di CO2 risparmiate annualmente, pari all'intero obiettivo del PNIEC per la gestione rifiuti al 2040.

“Il riciclo delle plastiche è un settore già pronto per contribuire a decarbonizzazione e obiettivi climatici. Ma senza un quadro normativo che ne riconosca il valore ambientale, rischiamo di sprecare questa opportunità per economia e ambiente”, ha concluso Regis.