Un anno difficile per i costruttori italiani di macchine per plastica e gomma
La contrazione a due cifre dell’import-export estesa anche a tutto il periodo gennaio-settembre 2020 e il complicato contesto economico determinato dalla crisi sanitaria mondiale fanno ipotizzare all’associazione di categoria Amaplast una chiusura di 2020 piuttosto negativa per l’industria italiana di macchine, attrezzature e stampi per materie plastiche e gomma.
Infatti, le rilevazioni Istat relative al commercio estero nei primi nove mesi del 2020, a confronto con il medesimo periodo del 2019, evidenziano un ripiego del 17% all’import e del 14% all’export. Il saldo della bilancia commerciale, pur permanendo ampiamente positivo, ben oltre 1,3 miliardi di euro, si contrae di tredici punti percentuali.
Tali indicatori - seppure in lieve miglioramento rispetto al picco negativo osservato a maggio - insieme alla flessione della raccolta ordini delle aziende associate, soprattutto nella prima metà dell’anno e in particolare sul mercato interno, portano il centro studi Amaplast a formulare una stima della produzione a 3,6 miliardi di euro, in calo quindi di circa 18 punti percentuali rispetto ai 4,4 miliardi del 2019. Un risultato analogo dovrebbe concretizzarsi a consuntivo anche per il commercio estero.
L’analisi delle macro-aree di destinazione dell’export di settore nel periodo gennaio-settembre mostra un rafforzamento dell’Europa, soprattutto per quanto riguarda i mercati extra-UE, mentre hanno perso terreno il quadrante asiatico e il Nord America.
Naturalmente, si tratta di numeri che non sorprendono, alla luce del contesto economico globale fortemente destabilizzato dalla pandemia che, purtroppo, non sembra destinata a risolversi nel breve periodo.
Proprio la risalita dei contagi da Covid-19 con l’arrivo dell’autunno e dell’inverno ha spinto le aziende costruttrici di macchinari a sviluppare e consolidare nuove modalità operative; infatti, in molti casi le imprese italiane hanno introdotto con successo complesse procedure di installazione e manutenzione di impianti da remoto, che hanno consentito di garantire ai clienti la continuità produttiva, soprattutto in quei settori - come l’imballaggio e il medicale - che in effetti meno hanno risentito della crisi. Inoltre, non sono da trascurare i risparmi in termini monetari che, anche in prospettiva futura, potranno essere conseguiti evitando gli interventi dei tecnici in presenza.
Tali nuove modalità di lavoro sono possibili anche grazie alla continua attività di ricerca e sviluppo delle aziende costruttrici italiane in chiave Industria 4.0, che consente di proporre macchinari interconnessi nell’ambito di impianti sempre più sofisticati e “su misura”. In aggiunta, la sempre maggiore digitalizzazione permette di raccogliere una enorme quantità di dati che possono contribuire in misura significativa all’ottimizzazione delle performance delle linee di produzione.
Inoltre, nonostante l’avvento della pandemia abbia in parte e temporaneamente distolto l’attenzione dell’opinione pubblica e attenuato le critiche nei confronti della plastica, i fornitori di tecnologia non hanno certo fermato la ricerca per l’implementazione di sistemi a ridotto consumo energetico e in grado di processare in modo efficiente materiali riciclati, in ottica di economia circolare.
Peraltro, la cosiddetta “plastic tax”, che tanto preoccupa le aziende del settore, non è stata can-cellata ma la sua entrata in vigore è stata rinviata al 1° luglio 2021.
Difficile fare previsioni per il 2021 appena iniziato, soprattutto a causa dell’incertezza che continua a caratterizzare l’evoluzione della pandemia, che condiziona i mercati e i progetti di investimento delle aziende. È verosimile attendersi un rimbalzo, ancora una volta grazie all’impulso dato dalle esportazioni - da sempre fattore propulsivo per l’industria italiana di settore - ma difficilmente la sua consistenza potrà essere tale da riportare gli indicatori del comparto ai livelli pre-crisi.