Nel 2022 tengono le macchine per plastica e gomma, ceramica e imballaggio

Il preconsuntivo elaborato dal Centro Studi Amaplast-Mecs evidenzia una prestazione nel complesso positiva per l’industria italiana di macchine, attrezzature e stampi per materie plastiche e gomma. Dopo il rimbalzo registrato nel 2021 - anno archiviato con incrementi a doppia cifra per tutti gli indicatori - l’associazione di categoria Amaplast stima un bilancio sostanzialmente favorevole anche per il 2022, a conferma della capacità del comparto di assorbire i contraccolpi delle gravi criticità che si sono manifestate e sovrapposte nell’ultimo triennio.

Infatti, la produzione complessiva dovrebbe raggiungere la soglia dei 4,5 miliardi di euro, con un incremento di un punto percentuale rispetto al 2021: si tratta di una variazione contenuta che però consolida il recupero messo a segno lo scorso anno, superando anche di due punti il valore del 2019 (pre-pandemia).

Risultano ancora in crescita, seppure di misura, entrambe le componenti della domanda: da un lato le esportazioni - che assorbono il 70% circa della produzione - mostrano un aumento del 2% circa, fino a superare nuovamente i 3 miliardi, dall’altro il mercato interno segna un +1%, anche in funzione di importazioni in progressione del 5%.

Per quanto riguarda la geografia dell’export, secondo i dati Istat riferiti ai primi nove mesi del 2022, si osserva un’intensificazione verso i mercati asiatici (con l’India a fare da trai-no), il continente americano (in particolare la parte meridionale, Colombia in testa), l’Europa (soprattutto quella extra UE, esclusa la CSI, per ovvi motivi). Al contrario, frenano i flussi verso l’Africa, per quanto riguarda i Paesi sia della costa mediterranea sia dell’area sub-sahariana.

In base alla più recente indagine congiunturale svolta tra gli associati Amaplast, si è verificata una progressiva attenuazione della crescita nel corso del 2022. Sul mercato sia interno sia estero si è osservato un rallentamento più marcato per i macchinari, mentre le vendite e le commesse in entrata di ricambistica hanno continuato a crescere.

I costruttori italiani auspicano che in chiusura di periodo la raccolta ordini torni più sostenuta, anche grazie all’“effetto K”, con la mostra di Düsseldorf che potrebbe contribuire a sbloccare investimenti rimasti precedentemente in sospeso. Gli imprenditori sono però cauti, alla luce dei venti di guerra e delle turbolenze economiche che caratterizzano lo scenario globale.

Volgendo lo sguardo al 2023 è verosimile attendersi un ripiego di tutti gli indicatori di settore, con una flessione peraltro contenuta a pochi punti percentuali. Del resto, anche le previsioni di Confindustria sull’andamento dell’economia italiana nel suo complesso indicano una crescita bassa o negativa, a fronte di un tasso di inflazione ancora elevato, soprattutto a causa degli alti costi energetici.

“Le aziende italiane costruttrici di macchine per plastica e gomma”, sottolinea il presidente Amaplast, Dario Previero (foto a destra), “hanno sempre dimostrato flessibilità e capacità di sviluppare soluzioni organizzative e tecnologiche per far fronte alle sfide del contesto e dei mercati ma è anche vero che le problematiche che si sono susseguite da tre anni a questa parte frenano la propensione agli investimenti”.

“Sarà necessario un grande sforzo di innovazione da parte delle imprese”, aggiunge Previero, “per migliorare ulteriormente i contenuti tecnologici dei propri macchinari e mantenerli al passo con una domanda sempre più qualificata soprattutto in termini di sostenibilità ed efficienza energetica”.

Anche i dati preconsuntivi congiunti delle tre associazioni che raggruppano i costruttori di macchine per plastica e gomma, Amaplast, appunto, per ceramica, Acimac, e per imballaggio, Ucima, forniti sempre da Mecs, confermano la tenuta dei tre settori di beni strumentali, che chiuderanno il 2022 con 14 miliardi e 220 milioni di fatturato. La variazione rispetto al 2021 è pari a -0,7%, dimostrando una generale tenuta dei tre settori dei beni strumentali in un anno caratterizzato da caro energia e carenza di componentistica. Nonostante l’innalzamento dei costi energetici per costruire e spedire le macchine e la mancanza di materiali per completarne la realizzazione, le aziende dei tre settori hanno mantenuto inalterato il fatturato totale e gli ordini per il 2023 coprono i primi sei mesi di produzione (dato aggregato).

Nel dettaglio, le esportazioni rispetto al 2021 perdono l’1,2% (quasi tutto imputabile a macchine non consegnate per l’impossibilità di completarne la costruzione), attestandosi a 10 miliardi e 784 milioni di euro. Il mercato interno vale 3 miliardi e 436 milioni, con una crescita rispetto a 12 mesi fa pari a +1%. I tre comparti confermano quindi il loro posizionamento strategico dovuto al ruolo di leadership tecnologica nel mercato globale, alle risorse costantemente investite in ricerca e sviluppo, al know-how di una filiera concentrata soprattutto in quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto.

Tuttavia, molte delle filiere servite dai tre settori si stanno scontrando con una situazione sempre più aggravata dai rincari energetici e dalle tensioni geopolitiche: i dati di tenuta sostanziale del 2022 rischiano quindi di tramutarsi in un calo nel 2023, se la situazione non cambierà presto. Le tre associazioni Amaplast, Acimac e Ucima chiedono che vengano presto attivati a livello nazionale e comunitario dei tetti al costo dell’energia più incisivi e incentivi per investire in nuove tecnologie. Tecnologie sempre più essenziali per efficientare la produzione e ridurre gli sprechi e aiutare così la transizione ecologica, in Italia e nel mondo.

Alla luce di questo scenario, le aziende aderenti alle tre associazioni sono non poco preoccupate dall’assenza nella bozza della manovra economica di estensioni del piano Industria 4.0, il quale non solo è da mantenere, ma anche e soprattutto da rinforzare. Altra urgenza, sempre relativa al mercato domestico, è rappresentata dalla proroga del termine della consegna dei macchinari 4.0 dal 31 dicembre 2022 al 30 giugno 2023, così da consentire nei termini stabiliti la consegna di quelle macchine rimaste in fabbrica per la mancanza di componentistica. La proroga è in discussione in questi giorni in Parlamento: se non dovesse essere approvata, infatti, le aziende clienti si troverebbero a ricevere un incentivo pari al 40% dell’investimento a fronte dell’attuale 50%. Una situazione che, visto il perdurare della carenza di materie prime, si presenterà ancora nel 2023 per i macchinari ordinati nel 2022. Anche in quel caso le tre associazioni chiedono una proroga dal 30 giugno al 31 dicembre 2023, pena il rischio di passare da un contributo del 40% a uno pari al 20%.