L’industria del riciclo rifiuti si conferma pilastro dell’economia circolare e continua a crescere nel comparto degli imballaggi (nel 2014 il 66% è stato avviato a riciclo, +2% sul 2013), dei RAEE, della gestione della frazione organica e degli pneumatici. I rifiuti importati dall’Italia nel 2014 hanno raggiunto 5,9 milioni di tonnellate, in gran parte costituiti da rottami ferrosi, mentre 3,8 mln di tonnellate sono stati quelli esportati. Il paradosso è che 450 mila tonnellate di rifiuti importati (circa l’8% di quelli trasportati nel nostro Paese per essere trattati) equivalgono, per volume e tipologia, ai rifiuti italiani spediti all’estero, con costi per noi spesso esorbitanti. Sono queste le principali evidenze emerse dal rapporto annuale “L’Italia del Riciclo 2015”, promosso e realizzato da Fise Unire (l’associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, presentato a Roma il 15 dicembre. A pochi giorni dall’uscita del nuovo pacchetto sull’economia circolare, presentato dalla Commissione Europea il 2 dicembre, tale rapporto mostra l’industria del riciclo rifiuti come un pilastro dell’economia circolare, nonostante la riduzione dei consumi delle famiglie e della produzione industriale.
Nel 2014 il riciclo di imballaggi ha registrato una crescita complessiva pari al 2% in termini assoluti, che attesta la capacità di tenuta del settore, sia pure tra le mille difficoltà dell'attuale congiuntura: 7808 milioni di tonnellate riciclate contro le 7642 del 2013 e le 7562 del 2012. Segnali positivi arrivano da tutte le filiere. Cresce la quantità di frazione organica raccolta in modo differenziato, con 5,7 milioni di tonnellate, ossia +9,5% rispetto al 2013; cresce la quantità di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) raccolte (+3% rispetto al 2013) che raggiungono la quota nazionale di 3,81 kg per abitante, di poco inferiore alla soglia di 4 kg fissati come target a fine 2015 (ma nei prossimi tre dovrà essere raccolta una quantità più o meno tripla); si avvicina agli obiettivi europei il tasso di reimpiego e riciclo dei veicoli fuori uso, che raggiunge l’80,3% (sebbene il recupero energetico manca l’obiettivo). Mostrano vitalità anche il riciclo degli pneumatici, con 129.000 tonnellate recuperate e quello dei rifiuti tessili, che aumenta del 12% con 124 mila tonnellate.
Questa edizione del rapporto, oltre ad approfondire le dinamiche delle diverse filiere del riciclo, ha aperto un focus sulle attività di import ed export dei rifiuti. Nel 2014 i rifiuti di origine urbana e industriale movimentati attraverso i confini italiani hanno raggiunto quasi la quota di 10 milioni di tonnellate, delle quali 5,9 importate e 3,8 esportate. L’import riguarda quasi esclusivamente imprese ed enti del Nord Italia, che ricevono circa il 96% della quantità in entrata dall’estero, mentre l’export è un fenomeno che interessa anche il Centro Sud, da dove parte quasi il 40% dei rifiuti. I paesi europei risultano predominanti in entrambi i tipi di scambio, ma per l’import sono responsabili del 99% dei rifiuti in arrivo in Italia, mentre per l’export si fermano al 77% del totale in uscita.
Il 77% dei rifiuti importati è costituito da metalli, in larga parte di tipo ferroso, ai quali fa seguito il legno (11% sul totale importato). Per quanto riguarda invece l’export, il 24% del totale in uscita è formato da plastica e carta, con la plastica che rappresenta la quota più rilevante (14% del totale) dei rifiuti in uscita dal nostro Paese. La maggior parte dei rifiuti spediti all’estero, intorno al 60%, non rientra in nessuna delle tradizionali filiere merceologiche e si caratterizza per un’alta incidenza di pericolosi. I rifiuti importati vengono avviati a recupero di materia pressoché nella totalità dei casi, mentre quelli spediti all’estero risultano destinati a operazioni di recupero per il 70%. Tra il 2009 e il 2014, si è registrata una crescita del 60% dei rifiuti importati, mentre quelli esportati sono aumentati del 10%. Nello stesso periodo il volume di plastica esportata è aumentato del 120%.
“Il rapporto evidenzia come il riciclo in Italia sia riuscito a resistere alla recessione prolungata restando competitivo. Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi sui cambiamenti climatici appena concordati a Parigi, il riciclo di materia può svolgere una funzione fondamentale dovuta al risparmio di energia nella produzione di materie prime e quindi alle emissioni di anidride carbonica evitate. Per far questo è necessario scoraggiare lo smaltimento in discarica e migliorare la qualità dei materiali raccolti, nonché razionalizzare e semplificare il contesto normativo. Anche in considerazione della discussione sul nuovo pacchetto sull’economia circolare, è necessario superare i punti non chiari e conflittuali fra le diverse legislazioni, in modo da agevolare il riciclo di materiali che non comportano rischi ambientali effettivi”, ha dichiarato Anselmo Calò, presidente di Unire.
"Sia pure in modo non omogeneo, perché permangono zone di arretratezza in alcune Regioni, il sistema del riciclo dei rifiuti in Italia è ormai decollato con numeri di livello europeo. Ora però, con le modifiche proposte dalla Commissione Europea a tutte le Direttive sui rifiuti e, a fronte dei nuovi obiettivi di riciclo più impegnativi al 2025 e al 2030, sarà necessario recuperare anche le zone ancora arretrate, aumentare e migliorare le raccolte differenziate, procedere a rafforzare industrializzazione e innovazione nel settore”, ha affermato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.