Macchine utensili: dopo il 2020 da dimenticare, il 2021 è in decisa ripresa

Nel 2020, l’industria italiana costruttrice di macchine utensili, robot e automazione ha registrato un calo deciso di tutti i principali indicatori economici. Nonostante questo, è riuscita a mantenere le posizioni acquisite nelle classifiche internazionali di settore, confermandosi quarta tra i produttori e gli esportatori e quinta tra i Paesi consumatori, a conferma dell’importanza del mercato italiano nello scenario internazionale. Di tenore decisamente opposto il 2021, che fin dai primi mesi ha confermato la ripresa dell’attività sia in Italia che all’estero, come emerge dai dati relativi agli ordini del primo semestre 2021 e come evidenziano le previsioni per la chiusura di anno. Questo, in sintesi, è il quadro illustrato dalla presidente di Ucimu-Sistemi per produrre Barbara Colombo (nella foto al centro) in occasione dell’annuale assemblea dei soci, cui sono intervenuti Gregorio De Felice, Chief Economist di Intesa Sanpaolo, e Mauro Alfonso, amministratore delegato di Simest.

I consuntivi 2020

Duramente provata dalla crisi sanitaria esplosa nei primi mesi dell’anno, l’industria italiana di settore, nel 2020, ha visto un pesante arretramento per tutti i principali indicatori economici.

Secondo i dati di consuntivo elaborati dal Centro Studi & Cultura di Impresa di Ucimu, nel 2020, la produzione di macchine utensili robot e automazione, si è attestata a 5182 milioni di euro, registrando un calo del 20,4% rispetto al 2019. Il risultato è stato determinato dalla riduzione sia delle consegne dei costruttori sul mercato interno, scese, del 20,3%, a 2321 milioni, sia dell’export, che si è attestato a 2861 milioni di euro, il 20,5% in meno rispetto all’anno precedente.

Nel 2020, principali mercati di sbocco dell’offerta italiana sono risultati: Stati Uniti (374 milioni, -11,3%), Germania (289 milioni, -23,1%), Cina (224 milioni, -26,1%), Francia (158 milioni, -32,2%), Polonia (143 milioni, -17,2%), Turchia (100 milioni, +29%), Russia (100 milioni, -16%) e Spagna (95 milioni, -34,1%). Nel 2020 il consumo italiano di macchine utensili è crollato, del 26,6%, a 3561 milioni di euro, proseguendo con il trend negativo avviato nel 2019.

Le previsioni e gli ordini nel primo semestre del 2021

Di tenore completamente diverso il 2021 che fin dai primi mesi ha mostrato segnali di ripresa sostenuta.

 

Come emerge dalle previsioni elaborate dal Centro Studi & Cultura di Impresa di Ucimu, la produzione di macchine utensili, robot e automazione dovrebbe crescere del 10,9%, a 5,7 miliardi di euro. L’export si dovrebbe attestare a 3,1 miliardi di euro, pari al 9,4% in più dell’anno precedente.

Anche il consumo crescerà sfiorando i 4 miliardi di euro, pari al 10,9% in più rispetto al 2020. La vivacità della domanda italiana farà da traino per le consegne dei costruttori, attese in crescita a 2,6 miliardi (+12,7%), e per le importazioni, che dovrebbero attestarsi a 1,3 miliardi (+7,6%).

L’indice degli ordini del primo semestre 2021, elaborato dal Centro Studi & Cultura di Impresa di Ucimu, rileva che la raccolta degli ordinativi sul mercato interno e estero da parte dei costruttori italiani ha registrato un incremento dell’88,2%. Tale risultato è stato determinato dai buoni riscontri raccolti dai costruttori sul mercato sia interno che estero. In particolare, gli ordini interni sono cresciuti del 238% rispetto al periodo gennaio-giugno 2020, mentre quelli esteri hanno registrato un incremento del 57,5% rispetto al primo semestre 2020. Queste rilevazioni positive sottolineano il clima di ritrovata fiducia che le imprese italiane del settore è cresciuto con lo scorrere dei mesi. Gli incrementi appaiono così decisi anche perché si confrontano con il periodo gennaio-giugno 2020 che, oltre alla generale riduzione dell’attività dovuta alla pandemia, comprende un mese intero (aprile) di completo blocco delle attività a causa del lockdown.

“Purtroppo, però, vi sono due fenomeni che rischiano di minare la ripresa avviata: il rincaro dei costi delle materie prime da un lato e la scarsa disponibilità di componenti elettronici dall’altro. Il rischio - che assolutamente non possiamo permetterci di correre - è che questi due fenomeni raffreddino il ciclo positivo degli investimenti, soprattutto sul mercato domestico ove gli incentivi 4.0 stanno dando buoni frutti. Il processo di ammodernamento e di digitalizzazione degli impianti avviato da ormai un quinquennio non può certo arrestarsi perché molto è ancora da fare. I risultati dell’indagine condotta da Ucimu-Sistemi per produrre su “Il parco macchine utensili installato nell’industria italiana” e presentata in giugno lo dimostrano”, ha rilevato Barbara Colombo.

Aggiornamento tecnologico e digitalizzazione

In particolare, nel periodo 2015-2019 sono state acquistate 60 mila nuove macchine utensili, contro le 39 mila del quinquennio precedente, vale a dire il 50% in più. Oltre all’incremento quantitativo, vi è stato un miglioramento qualitativo del parco. Infatti, più del 60% di tali 60 mila è dotato di controllo numerico. Nel quinquennio precedente, la quota di nuove macchine dotate di CNC non superava il 37%. È cresciuto anche il livello di automazione e integrazione degli impianti ed è in particolare l’integrazione informatica, riconducibile alle politiche 4.0, ad aver registrato l’incremento più deciso.

La trasformazione digitale e l’aggiornamento tecnologico hanno interessato maggiormente le aziende di dimensioni medio-grandi. Le aziende di piccole dimensioni hanno fatto investimenti in nuova tecnologia ma in misura decisamente limitata. È evidente però che a queste ultime occorra più tempo di quanto non necessitino le grandi, per almeno due ragioni. Il primo, legato alla liquidità. Gli investimenti in nuove tecnologie di produzione, specie se di ultima generazione, sono costosi e pesano sui budget delle realtà di dimensione ridotta che devono quindi spalmare su periodi più ampi i loro acquisti. Il secondo, non meno importante, legato alla cultura: occorre tempo per comprendere tutte le dinamiche legate a questa transizione e vincere il timore di dover pensare anche a una riorganizzazione del modo di lavorare.

In materia di formazione, è stata evidenziata la necessità di allungare e semplificare l’operatività della misura del credito di imposta per la formazione, che oggi, nel calcolo, contempla anche il costo del formatore, così da assicurare alle imprese (di tutte le dimensioni) un corretto supporto per l’aggiornamento del personale. Solo così gli investimenti in tecnologie di nuova generazione potranno realmente assicurare all’impresa miglioramento della produttività e l’efficienza necessaria a vincere la sfida internazionale.

Infine, con riferimento al tema dell’internazionalizzazione, strategica per l’attività sul mercato internazionale è la partecipazione alle manifestazioni fieristiche, primo e principale strumento di marketing e promozione per le imprese del settore.