Dal decreto francese sugli imballaggi per ortofrutta danni economici, ambientali e sociali

Nel sostenere il ruolo fondamentale dell’imballaggio in termini di sicurezza del prodotto e alimentare, Unionplast (l’organizzazione che rappresenta le industrie trasformatrici di materie plastiche) e Gruppo Pro Food (il gruppo dei produttori di imballaggi per alimenti freschi) temono che il decreto francese che a partire dal 1° gennaio 2022 vieterà gli imballaggi in plastica per i prodotti ortofrutticoli freschi abbia effetti non solo antieconomici e contrari al mercato unico europeo, ma che possa provocare anche danni sociali e ambientali. Secondo una nota delle due organizzazioni si tratta di una norma che non trova fondamento nel diritto europeo e che causerà problemi su più fronti, dal consumatore all’ambiente, colpendo anche la filiera agroalimentare italiana e coinvolgendo le esportazioni di derrate alimentari. Eliminare gli imballaggi in plastica dei prodotti di ortofrutta, sostengono Unionplast e Gruppo Pro Food, farà infatti aumentare lo spreco di cibo e non porterà alcun beneficio al consumatore, privandolo anzi della possibilità di trasportare e conservare in modo efficiente e sicuro i prodotti acquistati. In definitiva, il contrario di ciò che si dovrebbe intendere per sostenibilità in base ai tre pilastri ambientale, sociale ed economico su cui si fonda. D’altra parte, aggiunge la nota, non è la prima volta che decisioni apparentemente “eco-friendly” vengono prese senza adeguati studi scientifici preliminari.

Unionplast e Gruppo Pro Food sottolineano che la sostituzione della plastica con altri materiali per la produzione di imballaggi per ortofrutta efficaci e in grado di assicurare la massima garanzia di conservazione e igiene è attualmente possibile solo in pochi casi. L’intera catena di produzione e distribuzione dovrà adattarsi a questa nuova situazione con un aumento dei costi che graveranno sul consumatore, senza un reale beneficio per l’ambiente. Non bisogna infatti dimenticare che la sostituzione della plastica dovrebbe essere valutata soltanto a seguito di un LCA, ovvero di un’analisi dei diversi impatti ambientali lungo tutto il ciclo di vita dei prodotti, e questi impatti dovrebbero tenere conto anche della perdita di cibo. La norma francese non tiene in considerazione gli investimenti fatti dall’industria della plastica nel ridurre l’impatto ambientale degli imballaggi e dei prodotti imballati, realizzando sistemi riciclabili e attraverso un uso progressivo di plastica riciclata al fine di partecipare in maniera attiva all’economia circolare. Le due organizzazioni ricordano come da sempre abbiano lavorato e continuino a lavorare alla realizzazione di imballaggi che contribuiscano alla lotta contro lo spreco alimentare prolungando la data di scadenza degli alimenti e contribuendo alla sicurezza alimentare del prodotto. Mentre l’applicazione del decreto francese creerà una barriera alla libera circolazione dei beni nell’Unione europea, in primis alle eccellenze agroalimentari italiane.

“L’industria della plastica oggi rappresenta in Italia circa 110 mila addetti, 5000 aziende per un fatturato annuo di 15 miliardi di euro. È un’industria radicata sul territorio. Oggi in Italia, si ricicla più del 40% della plastica prodotta, un buon risultato. Ma possiamo fare di più con l’impegno di tutti: produttori, istituzioni, consumatori. È questa la strada da intraprendere; i divieti non aiuteranno l’economia, nemmeno quella circolare”, ha dichiarato Marco Bergaglio, presidente di Unionplast. “L’industria italiana degli imballaggi in plastica per ortofrutta, leader assoluta a livello europeo, è pronta a dialogare con tutte le autorità competenti al fine di promuovere una vera economia circolare, in grado di portare reali benefici all’ambiente e che riutilizzi e ricicli sempre maggiori quantità di plastica”, ha aggiunto il presidente del Gruppo Pro Food, Mauro Salini.