Nel corso del convegno "BioPlastics: A case study of Bioeconomy in Italy in the light of Horizon 2020", svoltosi il 6 marzo a Bruxelles presso il Parlamento Europeo, è stato presentato il libro "Bioplastics: A case study of Bioeconomy in Italy. A smart chemistry for a smarter life in a smarter planet", curato da Walter Ganapini, sull'esperienza italiana nella regolamentazione della diffusione dei sacchetti in plastica usa e getta, finalizzata alla riduzione dell'inquinamento ambientale. Il libro presenta da un lato il "caso italiano" di bioeconomia che trae origine dall'evoluzione di ricerca e innovazione nel settore delle bioplastiche biodegradabili e dall'altro lo sviluppo virtuoso della filiera del compost di qualità dalla raccolta differenziata municipalizzata, dall'altro.
La legge italiana entrata in vigore il 1° gennaio 2011 prevede che gli unici shopper usa e getta commercializzabili siano quelli biodegradibili e compostabili secondo lo standard CEN 13432, mentre quelli in plastica tradizionale debbano rispondere ai criteri della durevolezza e della riutilizzabilità, con spessori differenti a seconda della tipologia e della finalità d'uso. La nuova regolamentazione avrebbe già avuto vari effetti: un decremento complessivo del consumo di sacchi usa e getta pari a circa il 50% nella grande distribuzione, con conseguente sensibilizzazione dell'opinione pubblica (secondo l'indagine Ispo 2012, oltre il 90% dei cittadini italiani ritiene la legge un passo in avanti nella tutela dell'ambiente); una riduzione del conferimento in discarica del 20,7% con risparmio annuo di circa 5,1 milioni di euro; l'abbattimento del 29% delle emissioni di anidride carbonica e la riduzione del 39% del petrolio utilizzato. Inoltre, circa il 50% dei sacchi per la raccolta dei rifiuti organici è biodegradabile e compostabile, rappresentando un'opportunità per estendere la raccolta differenziata nelle municipalità che ancora non l'hanno attivata o per risparmiare in quei comuni virtuosi che l'hanno già implementata da anni.
La legge avrebbe stimolato un salto di qualità dello sviluppo delle bioplastiche biodegradabili e compostabili, la costruzione di filiere integrate e lo sviluppo di prodotti a base biologica: la cosiddetta "bioeconomia", che, conformemente alle linee guida indicate dalla UE, utilizza le risorse naturali in modo sostenibile e intelligente e sviluppa prodotti da fonte rinnovabile per favorire crescita e occupazione, riducendo, al contempo, la dipendenza dalle risorse fossili. Le misure adottate dal legislatore italiano avrebbero dato vita a importanti investimenti in tecnologie innovative e consentito la nascita di un'industria della chimica verde, basata sulla riconversione di siti industriali dismessi in bioraffinerie di terza generazione e sull'integrazione tra agricoltura, chimica e industria, con positive ricadute in termini economici, occupazionali, di riduzione dei rifiuti e di introduzione di criteri di sostenibilità nelle scelte di consumo dei cittadini.
L'incontro, aperto da Amalia Sartori, presidente della Commissione Industria, Ricerca ed Energia del Parlamento europeo, ha ospitato, tra gli altri, gli interventi di Janez Potočnik, Commissario europeo all'Ambiente, Corrado Clini, ministro italiani dell'Ambiente, Pierre Angot, vicedirettore della divisione "Industrie de la santé, de la chimie et des nouveaux matériaux" del Ministero francese per lo sviluppo economico, e Marco Peronaci, ambasciatore italiano presso la EU.