Il 2021 si è rivelato “anno d’oro” per l’industria italiana del bene strumentale. I dati elaborati dal Gruppo Statistiche Federmacchine registrano, infatti, incrementi a doppia cifra per tutti i principali indicatori economici. In particolare, nel 2021, il fatturato del comparto si è attestato a un valore pari a 50,4 miliardi di euro, registrando un incremento del 21,6% rispetto al dato del 2020. Grazie a questa accelerazione, l’industria di settore non solo ha recuperato il terreno perso nel biennio 2019-2020, ma ha addirittura migliorato il record che aveva segnato nel 2018.
Le esportazioni - cresciute, del 18,1%, a 32,9 miliardi di euro - sono tornate sui livelli pre-pandemia. Le vendite sul mercato estero sono dunque ripartite in modo convinto ma non hanno raggiunto lo slancio che avevano dimostrato nel 2018. Ottima invece la prestazione delle consegne dei costruttori italiani sul mercato interno che, trainate dal consumo, hanno raggiunto il valore di 17,5 miliardi di euro, pari al 28,6% in più rispetto al 2020. Protagonista di una crescita senza precedenti è stata la domanda espressa dal mercato domestico che è cresciuta del 29,7% rispetto all’anno precedente e si è attestata a 27,2 miliardi di euro, un valore mai raggiunto prima.
Anche l’import ha beneficiato della vivacità della domanda interna attestandosi a 9,6 miliardi di euro, il 31,7% in più rispetto al 2020. Le imprese italiane del settore hanno però dimostrato di saper ben presidiare il mercato locale, come evidenziato dal dato import/consumo che resta al 35,5%. Il rapporto export/fatturato è sceso, di due punti percentuali, a 65,2%.
“Archiviato il 2020 flagellato dallo scoppio della pandemia, nel 2021, le imprese italiane del bene strumentale sono state protagoniste di una performance davvero eccezionale. Al punto che i dati di chiusura di anno appena presentati risultano decisamente superiori alle stime che il Gruppo Statistiche aveva elaborato nel luglio scorso in occasione dell’assemblea annuale della federazione. Il mercato italiano, sostenuto dagli incentivi 4.0, ha premiato la nostra offerta facendo volare il dato delle consegne dei costruttori e incentivando anche le importazioni. Ne deriva un’industria manifatturiera certamente più competitiva rispetto al passato, poiché dotata di tecnologie recenti e larga maggioranza digitali e interconnesse. Il processo di transizione 4.0 avviato ormai da parecchi anni è in una fase cruciale del suo dispiegamento perché la consapevolezza della necessità di innovare gli impianti manifatturieri si sta allargando a una platea sempre più ampia di imprese. È quindi necessario proseguire in questa direzione affinché il manifatturiero italiano continui a innovare assicurando così il miglioramento costante della competitività della nostra industria”, ha commentato Giuseppe Lesce (foto a destra), presidente di Federmacchine.
“In particolare, riteniamo che gli incentivi 4.0 debbano divenire strutturali così da accompagnare in modo continuo e costante l’evoluzione tecnologica delle fabbriche. Alle autorità di governo chiediamo quindi di ragionare su un sistema che preveda, anche oltre il 2025, il mantenimento di queste misure, riducendo eventualmente le aliquote del credito di imposta attualmente in vigore. Purtroppo, il contesto di instabilità provocato dallo scoppio e dal prolungamento della guerra tra Russia e Ucraina rende tutta l’attività delle imprese decisamente più complessa. In questa situazione garantire continuità alle politiche di sostegno allo sviluppo attualmente operative è la prima risposta per rassicurare le imprese affinché proseguano con i propri piani di investimento, evitando così lo stallo del mercato e l’arresto dei consumi”, ha continuato il presidente.
“A questo deve però aggiungersi un programma di interventi straordinari mirati a ridurre gli effetti più pesanti derivati dalla pandemia prima, e dalla guerra poi. Penso al tema del rincaro di materie prime ed energia e alla mancanza di disponibilità di materiali e componenti che arrivano dall’estero. Viviamo la situazione paradossale di essere carichi di ordini ma di non riuscire a produrre. È assurdo. La definizione di catene del valore più corte è materia che le imprese italiane, in molti casi, hanno già preso in considerazione da tempo, in risposta, anzitutto, allo scoppio della pandemia. Sappiamo però quanto tale percorso sia laborioso e articolato. Per questo abbiamo necessità di interventi immediati che possano ridurre l’impatto devastante che la situazione attuale potrebbe avere nel prossimo futuro. A questo proposito chiediamo un intervento immediato per la costituzione di un tavolo di lavoro con Ministero Sviluppo Economico e Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, per la definizione di nuovi canali di approvvigionamento delle materie prime in alternativa a quelli abitualmente utilizzati e ora interrotti dalla situazione contingente così come chiediamo che siano calmierati i costi dell’energia per i cittadini e per le imprese”, ha concluso Giuseppe Lesce.