Il paradigma della circolarità, al centro della transizione ecologica che stanno affrontando i Paesi europei, rappresenta il focus del rapporto strategico “La circolarità della plastica: opportunità industriali, innovazione e ricadute economico-occupazionali per l’Italia”, realizzato da The European House - Ambrosetti per la filiera della plastica italiana e presentato al forum di Cernobbio (Como) il 4 settembre.
Il rapporto, sostenuto dalla filiera produttiva italiana, con i partner che rappresentano associazioni (Federchimica-PlasticsEurope Italia, Federazione Gomma Plastica-Unionplast, Amaplast, Aipe, Anpe e PVC Forum Italia), consorzi (Corepla e Biorepack) e aziende nazionali e multinazionali (Arkema, Basell Italia, Basf Italia, Borealis Italia, Coim, Covestro, Dow Italia, Ineos Italia, Radici Novacips, Sabic e Versalis), si è posto l’obiettivo di identificare una visione evolutiva per la filiera della plastica, che preveda il passaggio da un approccio focalizzato esclusivamente sulla gestione del rifiuto plastico a un modello finalizzato a massimizzare i benefici ottenibili grazie all’innovazione tecnologica nelle tre fasi individuate (input, innovazione di prodotto e processo e fine uso e nuova vita), la valorizzazione della complementarietà tra riciclo chimico e meccanico e la crescita del riciclo organico per le plastiche biodegradabili. La realizzazione della ricerca è stata supervisionata da un advisory board composto da Lidia Armelao (direttore del Dipartimento di Scienze chimiche e Tecnologie dei Materiali del CNR), Alessandro Bratti (ricercatore del Dipartimento di Chimica e Scienze agrarie dell’Università di Ferrara e già direttore generale di Ispra) e Giorgio Metta (direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia).
“La filiera della plastica italiana e il suo sviluppo all’interno del paradigma di circolarità sono elementi essenziali per lo sviluppo dell’industria manifatturiera del Paese”, ha dichiarato Valerio De Molli (nella foto a destra), managing partner e CEO di The European House - Ambrosetti. “Nel 2020 la filiera della plastica ha generato 45,8 miliardi di euro (ottavo settore manifatturiero) e 12,7 miliardi di euro di valore aggiunto, sostenendo oltre 180 mila occupati che la rendono una delle filiere produttive più rilevanti per il nostro Paese. Si tratta, inoltre, di una filiera in cui il potenziale di innovazione in ottica di circolarità è molto significativo e che al 2030 può ridurre il quantitativo di rifiuti (-22,7% rispetto allo scenario tendenziale senza interventi correttivi) e accrescere il recupero di materiali plastici (fino a +19,3 punti percentuali rispetto al 2020).
Il punto di partenza dello studio è costituito dall’analisi dei punti di forza della filiera della plastica italiana e dei valori economici e occupazionali che essa sostiene nel Paese. Inoltre, la filiera presenta un’incidenza della fase del recupero pari a più del doppio della media europea (2,1% sul valore totale della filiera a fronte dello 0,9% medio in Europa). Guardando alla dinamica degli ultimi cinque anni, il recupero è anche la fase che ha dimostrato il maggior dinamismo (+40% di fatturato e +72% di valore aggiunto rispetto al 2016). Infine, un ulteriore punto di forza della filiera produttiva italiana è costituito dalle bioplastiche, che rappresentano circa il 2% del valore complessivo della filiera a fronte dello 0,3% in Francia e Germania.
Sulla base di questi punti di forza della filiera produttiva e alla luce di un contesto caratterizzato dalla crescente scarsità delle risorse e dalla necessità dell’industria di soddisfare requisiti sempre più stringenti in termini di sostenibilità e circolarità, lo studio ha delineato una visione evolutiva che prevede la valorizzazione della plastica all’interno del paradigma di circolarità. In particolare, in tale visione l’approccio di analisi è stato esteso dal solo trattamento del rifiuto plastico alla gestione integrata delle fasi di input, prodotto/processo e fine uso e nuova vita. Per qualificare questo approccio è stata realizzata una mappatura tecnologica che ha riguardato le tecnologie abilitanti (attraverso un’analisi di circa 1.500 paper accademico-manageriali) e gli investimenti in ricerca e sviluppo legati alla circolarità della plastica, oltre a circa 300 brevetti delle imprese italiane e 150 case study a supporto di una maggiore circolarità della filiera della plastica.
La mappatura tecnologica ha consentito di individuare i benefici in termini di circolarità per ogni fase produttiva dei prodotti plastici. In termini di input sostenibili, grazie all’adozione di nuovi principi di ingegnerizzazione e design, è possibile ottenere una riduzione del 17% di materiale plastico vergine necessario come input. Con riferimento alla fase di prodotto-processo, l’aumento dell’efficienza e della produttività e la riduzione degli sprechi nella fase di produzione possono portare a una riduzione del 15% di materiale di input necessario e del 20% degli scarti dai cicli di produzione. Infine, l’aumento della capacità di selezione del riciclo meccanico e la penetrazione del riciclo chimico possono portare il primo a riciclare fino al 50,3% dei rifiuti plastici e il secondo a riciclare fino al 6,3% grazie alle tecnologie di pirolisi fino a un massimo di 11,3% grazie allo sviluppo di tecnologie di depolimerizzazione e gassificazione.
Per qualificare il potenziale sistemico derivante dall’innovazione della filiera della plastica, The European House - Ambrosetti ha, infine, realizzato un modello di stima che, sulla base dei risultati della mappatura tecnologica, consente di identificare i benefici in termini di riduzione dei rifiuti plastici (-22,7% rispetto allo scenario tendenziale e senza interventi correttivi) e di maggiore recupero di materia plastica: la complementarietà tra riciclo meccanico e chimico, infatti, può portare l’Italia a riciclare - al 2030 - il 61,6% dei rifiuti plastici, in aumento di 19,3 punti percentuali rispetto al 42,3% del 2020, riducendo il conferimento in discarica sotto il 10% con cinque anni di anticipo rispetto al target europeo.
Per supportare il dispiegamento del potenziale di innovazione della filiera della plastica, lo studio delinea sei linee di azione: aumentare la raccolta differenziata attraverso centri di raccolta nei territori e un piano di formazione sulle modalità di riciclo della plastica; introdurre procedimenti autorizzativi semplificati e ridurre la “Sindrome Nimby” estendendo il ricorso al “Dibattito Pubblico”; promuovere una normativa europea sul ricorso a sacchetti compostabili e rendere obbligatorio il monitoraggio della qualità della Forsu (Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani); promuovere processi di innovazione nel settore delle plastiche favorendo partnership tra pubblico e privato; potenziare gli attuali meccanismi di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) per sostenere l’evoluzione in ottica circolare dei produttori di materie plastiche; creare mercati di sbocco per le materie “End of Waste” per aumentare la disponibilità di materie riciclate. Infine, all’interno dello studio è stata anche individuata una indicazione di tipo sistemico, relativa all’adozione di un approccio integrato di filiera per accrescere la condivisione delle scelte regolatorie sui requisiti per definire le caratteristiche di un materiale riciclato.