“Se andiamo avanti così il 2020 sarà davvero, anche in termini economici, l’annus horribilis”, ha dichiarato Giuseppe Lesce (nella foto a sinistra), presidente Federmacchine, commentando i dati elaborati dal Gruppo Statistiche della federazione che rappresenta i costruttori italiani di beni strumentali per comprendere l’impatto attuale della crisi sulle imprese del comparto.
Secondo la rilevazione, nel 2020, l’industria italiana dei beni strumentali rischia di veder scendere il suo fatturato del 27% rispetto al dato del 2019. Ma da un’analisi più approfondita del dato, emerge che i settori che ne costituiscono il variegato comparto sono stati toccati dalla crisi in modo a volte profondamente differente.
L’impatto più pesante, al momento, è quello rilevato dai costruttori di macchine utensili, robot e automazione che prevedono di chiudere l’anno con un calo del 36%. Di contro, chi ha sofferto meno sono i costruttori di macchine per il packaging, il confezionamento e l’imballaggio che stimano un calo di “appena” il 15% rispetto al fatturato dell’anno precedente. La ragione di questo divario è presto detta: i costruttori di macchine per impacchettamento, direttamente inseriti nella filiera essenziale dell’alimentare, non si sono mai fermati.
“Quelle fabbriche, nel pieno rispetto della regolamentazione per la sicurezza, hanno lavorato; certo la domanda è stata evidentemente rallentata ma il lockdown del manifatturiero, come evidenzia il dato delle macchine utensili, pesa più del doppio sulla riduzione del fatturato. Per questo è necessario correre ai ripari e autorizzare la ripartenza del manifatturiero a salvaguardia non solo del singolo settore ma delle filiere”, ha affermato Giuseppe Lesce.
“Davvero le autorità di governo pensano che tenendo chiuse le aziende per due mesi e soltanto con qualche garanzia finanziaria in più potremo reggere e rimanere competitivi sul mercato internazionale dove competiamo con sistemi produttivi che non si sono mai fermati, come quello tedesco?”. Dopo tre settimane di richieste attraverso i media, questo è l’accorato appello rivolto a Confindustria e alle autorità di Governo dal presidente di Federmacchine, che rappresenta un fatturato di 50 miliardi di euro (70% export) e un’occupazione di quasi 200 mila addetti e oltre 5100 aziende sul territorio nazionale.
“Molte nostre aziende sono in difficoltà, i competitor internazionali ci stanno sottraendo, ora dopo ora, quote di mercato e l’occupazione è a rischio. La politica non ci infligga il colpo di grazia continuando con questo atteggiamento attendista senza prendere decisioni. Le parti sociali hanno sottoscritto già da metà marzo un protocollo sui sistemi che mettono in sicurezza i luoghi di lavoro. Bene, applichiamoli a tutte le imprese, non si perda altro tempo”, ha spiegato Lesce.
“A complicare le cose è poi il fatto che molti paesi, in primis la Germania, principale concorrente dei settori che rappresento, stanno continuando o hanno già ripreso l’attività produttiva. Questo significa per noi una oggettiva erosione di quote di mercato faticosamente costruite nel tempo. E in un sistema come il nostro, fatto da una miriade di piccole e medie imprese profondamente connesse tra loro, è un terribile pericolo la chiusura di aziende del bene strumentale poiché esse hanno un ruolo centrale e strategico per tutto il sistema industriale del paese, detenendo il know-how tecnologico di gran parte dei settori industriali del made in Italy, know-how che poi viene distribuito a tutta la filiera”, ha aggiunto Giuseppe Lesce.
“Chi produce macchine e impianti condensa nei propri prodotti una lunga catena di competenze: progettazione meccanica e automazione, materiali, componentistica, processi… E fa da stimolo a molti altri settori che poi operano, essi pure con successo, nei mercati internazionali. Stiamo mettendo a rischio tutto questo: un enorme patrimonio di uomini e aziende”, ha proseguito il presidente di Federmachine, che auspica quindi un ripensamento del governo e l’immediata riapertura di tutti i settori manifatturieri.
“Siamo pronti ad assicurare la completa sicurezza dei lavoratori nel pieno rispetto delle norme sanitarie e dei protocolli di prevenzione ormai universalmente riconosciuti. Chi è in grado di assicurare gli standard di sicurezza richiesti, deve essere autorizzato a ripartire subito”, ha concluso Lesce.