“Una corretta e avanzata gestione dei rifiuti, in linea con gli obiettivi fissati a livello europeo, ha bisogno di piattaforme di riciclo, ma anche di impianti in grado di valorizzare energeticamente gli scarti dei processi di recupero e i materiali non riciclabili. Infatti, finiscono in discarica o vanno all’estero, per assenza di impianti, oltre cinque milioni di tonnellate di questi scarti che potrebbero generare energia per soddisfare i consumi di circa cinque milioni di italiani”.
Sono queste le principali evidenze che emergono dall’analisi “Scarti del riciclo e rifiuti non riciclabili: l’impiantistica di back up fondamentale per l’economia circolare”, i cui dati sono stati diffusi da Assoambiente - l’associazione che rappresenta le imprese che operano nel settore dell’igiene urbana, del riciclo, del recupero, dell’economia circolare, dello smaltimento di rifiuti e delle bonifiche - nel corso di Ecomondo.
L’analisi rimarca i significativi passi in avanti compiuti negli ultimi vent’anni nella raccolta e nella gestione dei rifiuti in Italia: nel 2000 la raccolta differenziata era pari al 15% del totale dei rifiuti urbani raccolti, l’incenerimento pari all’8% e la discarica copriva il 67% dello smaltimento. Nel 2021 (ultimi dati disponibili, cui fa riferimento l’analisi) la raccolta differenziata ha raggiunto quota 64% (19 milioni di tonnellate), il tasso di riciclo il 48,1% (14,3 milioni di tonnellate vengono effettivamente riciclate), il recupero energetico è pari al 18,3% e il 19% dei rifiuti urbani va in discarica. Mediamente circa il 20% di ciò che i cittadini conferiscono correttamente nei contenitori della differenziata (o nel porta a porta) non può essere riciclato.
A fronte di 14,3 milioni di tonnellate di rifiuti urbani riciclati, il sistema Italia genera circa 9,5 milioni di tonnellate di materiali non riciclabili, tra scarti prodotti dalle operazioni di riciclo (3,5 milioni, secondo l’attualizzazione di uno studio commissionato al Politecnico di Milano dalla società Nica), materiali provenienti dagli impianti di selezione (3,5 milioni) e circa 3 milioni di tonnellate di rifiuto indifferenziato. Inoltre, il nostro Paese esporta all’estero 650.000 tonnellate di rifiuto urbano trattato.
La maggior parte di questi flussi viene oggi conferita in discarica o va all’estero per mancanza di impianti, anche se circa 5,2 milioni di tonnellate di questi materiali avrebbero un potere calorifico idoneo a essere trattati in via prioritaria da impianti di recupero energetico. Da questi, infatti, potremmo ottenere 3,6 milioni di MWh elettrici che potrebbero soddisfare i consumi di circa 5 milioni di italiani e che si aggiungerebbero all’attuale sistema di produzione di energia da rifiuti, pari a 4,5 MWhe.
“Una gestione dei rifiuti urbani orientata al riciclo necessita prima di tutto di impianti di riciclo, ma, per funzionare, ha bisogno anche di un’adeguata rete di impianti capaci di trattare gli scarti delle raccolte differenziate, i materiali provenienti dagli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) e i flussi residui di rifiuto urbano indifferenziato. Senza questa rete impiantistica gli stessi processi di riciclo entrano in crisi e quindi va considerata parte integrante della strategia di economia circolare. Questa rete di impianti deve essere prevalentemente costituita da impianti di recupero energetico, sia per rispettare la gerarchia europea delle forme di gestione dei rifiuti, sia perché si tratta di materiali con un potere calorifico adeguato al recupero di energia, in parte fonte rinnovabile che contribuirebbe quindi ai processi di decarbonizzazione, oltre a ridurre i conferimenti in discarica”, ha commentato Chicco Testa (foto qui sopra a sinistra), presidente Assoambiente.