“La chimica è indispensabile per un progresso compatibile con le nuove sfide ambientali e sociali: il nostro bilancio Responsible Care dimostra che l’impegno in sostenibilità delle imprese chimiche ha dato risultati determinanti, anche per i settori a valle e direttamente nei prodotti di consumo attraverso innovazioni di processo, di prodotto e nuove tecnologie”. Francesco Buzzella (nella foto a destra), presidente Federchimica, nel corso della presentazione annuale del Rapporto Responsible Care, il programma mondiale volontario di promozione dello sviluppo sostenibile dell’industria chimica, ha ribadito il primato del settore a favore dello sviluppo sostenibile. “Dal Rapporto”, ha aggiunto Buzzella, “emerge chiaramente come sicurezza, salute e un elevato livello di benessere e salubrità sui luoghi di lavoro siano elementi distintivi del settore chimico. Un risultato che si deve anche all’impegno delle parti sociali settoriali nella promozione della responsabilità sociale e del welfare contrattuale, che ha contribuito a realizzare un rapporto di lavoro moderno, flessibile e inclusivo, finalizzato a dare risposte alle esigenze dei lavoratori e dei loro familiari”.
L’Industria chimica vanta da anni una posizione di leadership nell’ambito della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro: l’incidenza degli infortuni nel settore è inferiore del 39% rispetto alla media manifatturiera. Dal 2010 il numero degli infortuni, a parità di ore lavorate, è diminuito del 44% e mostra un ulteriore calo (quasi il 12%) rispetto al 2019, anche grazie alla sensibilizzazione dei dipendenti verso atteggiamenti sicuri e responsabili: dal 2010 il numero di ore di formazione per dipendente è cresciuto del 21%. Anche l’innovazione introdotta dalle tecnologie digitali ha generato effetti positivi. Sul fronte della tutela ambientale, la chimica, dimostra concretamente un impiego delle risorse sempre più efficiente e sostenibile: un processo complesso e impegnativo, che negli anni “non solo ha comportato benefici ambientali, ma ha anche aumentato la competitività e la resilienza del settore e delle filiere produttive a valle, direttamente nei prodotti di consumo attraverso innovazioni di processo, di prodotto e nuove tecnologie”, ha commentato ancora il presidente di Federchimica.
Rispetto al 1990, l’Industria chimica ha migliorato la propria efficienza energetica del 33% a parità di produzione: un risultato rilevante in linea con l’obiettivo della UE (32,5% entro il 2030). Ciò anche grazie a investimenti in cogenerazione, utilizzo di energie rinnovabili ed economia circolare. Nel complicato contesto mondiale, contrassegnato anche dall’esponenziale aumento dei costi energetici e delle materie prime, il settore ha comunque migliorato le già ottime prestazioni rispetto a tutti gli indicatori di sostenibilità ambientale: dal 1990 le emissioni dirette di gas serra si sono ridotte del 58% e le emissioni in atmosfera sono diminuite in media di oltre il 95%, grazie a miglioramenti di processo e prodotto e all’adozione di nuove tecnologie. Dal 2005 (anno di inizio della rilevazione) è stato poi notevolmente ridotto, a parità di produzione, il consumo di acqua (-46%), in particolare di acqua dolce (-55%). Diminuisce ancora la produzione di rifiuti (-14% nell’ultimo anno) e migliora la loro gestione: il riciclo è la prima modalità di trattamento ed equivale al 34% del totale. Un processo virtuoso che va riconosciuto, anche alla luce delle sfide future. Gli obiettivi del Green Deal europeo sono ancora più impegnativi se contestualizzati nello scenario geopolitico internazionale: va tutelata la capacità competitiva della UE e devono essere ricercate soluzioni globali per la transizione energetica, climatica ed ecologica.
“La trasformazione del mondo del lavoro, della organizzazione, dei modelli di produzione e dei processi per effetto delle cosiddette tre transizioni, verde, digitale e demografica, impone una nuova cultura di impresa che ponga la persona al centro: dallo sviluppo della produzione alla generazione di valore sociale. Per una restituzione di valori alla società, al territorio, basato dunque sui principi propri della sostenibilità nelle tre tipiche dimensioni sociale, ambientale, economica. Per un lavoro dignitoso, sicuro, equo, sostenibile, inclusivo. La collaborazione pluriennale tra l’istituto e Federchimica rappresenta un modello per sviluppare il dialogo sociale, sostenere le imprese nel processo di compliance alla salute e sicurezza sul lavoro. Gli studi, le ricerche realizzate nell’ambito della gestione del rischio chimico, dalla valutazione dell’esposizione al biomonitoraggio, le analisi statistiche sull’incidentalità e sul fenomeno tecnopatico sono strumenti e supporti operativi che mettiamo a disposizione delle imprese per fare prevenzione. E infine il sostegno dell’istituto alla adozione del programma Responsible Care, un programma volontario di promozione dello sviluppo sostenibile, nell’ambito del sistema premiale riconosciuto valido per la riduzione del premio assicurativo”, ha dichiarato Ester Rotoli, direttore centrale prevenzione Inail.
“È necessario che il processo decisionale verso la transizione coinvolga le istituzioni e tutti i soggetti interessati, anzitutto adottando un approccio scientifico, pragmatico e non ideologico; deve essere creato un ambiente favorevole alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione e potenziata la capacità di attrarre capitali, investimenti e risorse umane di eccellenza. Tutto questo inserito in un’amministrazione pubblica il più possibile efficiente. La transizione ecologica resta un obiettivo sempre più fondamentale, ma deve essere perseguita con tempi di adeguamento sostenibili che non compromettano il rapporto tra benefici e costi economici e sociali”, ha concluso Francesco Buzzella.