Secondo quanto contenuto in un recente studio pubblicato dalla società di consulenza Freedonia, la domanda statunitense di film plastici crescerà dell’1,5% all’anno fino al 2018, raggiungendo quota 7 milioni di tonnellate per un valore di 24,9 miliardi di dollari.
La stabilizzazione dei prezzi derivata dalla maggiore disponibilità di resine consentirà ai film in polimero di essere più competitivi sul mercato in termini di costi, rispetto per esempio alla carta, in svariati settori applicativi. Inoltre, il massiccio impiego delle buste in plastica (pouches) in nuovi mercati dovrebbe incentivare la richiesta di film.
In testa alla lista dei polimeri più utilizzati figura l’LLDPE (45% del totale nel 2013), che grazie alle sue caratteristiche fisico-meccaniche è idoneo sia per il contatto con alimenti sia per applicazioni farmaceutiche. Bene anche la richiesta di film in PP, sempre più utilizzato per l’imballaggio di prodotti freschi e snack. Andamento invece più rallentato per l’LDPE, l’HDPE, il PET e il PVC.
Sempre più successo riscuotono invece le resine biodegradabili, che hanno ormai guadagnato la fiducia dei produttori di film per packaging.
Per quanto riguarda i mercati: l’imballaggio alimentare si riconferma il più forte, proprio grazie alla crescente diffusione delle buste in plastica. Segno positivo anche per il “non food”, sostenuto dalla forte domanda di imballaggi dal farmaceutico e dal medicale.
Una certa stagnazione si rileva invece nel mercato statunitense, ormai saturo, dei sacchi per la spazzatura, mentre di segno meno quello dei rullini fotografici e dei film magnetici.
Le note preoccupazioni e restrizioni di carattere ambientale ed ecologico pesano invece sul settore dell’imballaggio secondario (per esempio: shopper e borse porta abiti); anche se per il film stretch si prevede una ripresa della domanda che beneficerà di un “rimbalzo” dell’attività manifatturiera.