Le anticipazioni riportate dai media circa un’eventuale tassa sulla produzione degli imballaggi in plastica trovano la netta contrarietà di PlasticsEurope Italia, l’associazione di Federchimica che raggruppa i produttori di materie plastiche, e di Unionplast, l’associazione dei trasformatori.

 

“Siamo contrari a questa misura”, ha dichiarato Massimo Covezzi, presidente di PlasticsEurope Italia, “essenzialmente per due ragioni. In primo luogo, la plastica è un materiale d’eccellenza ad altissima efficienza energetica e l’industria sta ulteriormente investendo per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di economia circolare. La nostra industria riconosce che l’utilizzo degli imballaggi in plastica, essenziali per ridurre gli sprechi di cibo, va responsabilmente gestito anche nella sua fase terminale. Per questo è disponibile a supportare programmi educativi e a continuare lo sviluppo tecnologico di soluzioni ancora più sostenibili.

 

La seconda ragione è che si penalizzerebbe un’intera filiera produttiva (produzione, trasformazione, macchinari e riciclo), che conta in Italia oltre 10 mila aziende con 150 mila addetti e un fatturato di oltre 40 miliardi di euro. La filiera italiana delle materie plastiche è la seconda a livello europeo, dopo quella tedesca, e presenta imprese di assoluta eccellenza mondiale, alcune di queste proprio per quegli imballaggi che la plastic tax colpirebbe”. 

 

Secondo il presidente di Unionplast Luca Iazzolino: “La plastic tax rischia di affossare ulteriormente la competitività di un settore d’eccellenza che sta già intraprendendo una transizione verso soluzioni più sostenibili. Già oggi, infatti il 15% della plastica utilizzata proviene dall’economia circolare, con un trend in continua crescita, anche sulla spinta delle dinamiche di mercato. Basti pensare che la domanda di polimeri riciclati è salita nel 2018 del 3,1%, a fronte di una discesa dei consumi di materie plastiche vergini. Dobbiamo evitare il ripetersi di provvedimenti inappropriati che fanno male al Paese, come ad esempio la messa al bando tout-court delle plastiche monouso, che ha messo a rischio la sopravvivenza di 30 aziende e di 3000 posti di lavoro, per la maggior parte nelle aree del Centro e del Sud Italia, che già scontano elevati tassi di disoccupazione e di desertificazione produttiva”.

 

A favore dell’industria della trasformazione delle materie plastiche è intervenuto anche Marco Falcinelli, segretario generale di Filctem CGIL, secondo il quale: “La tassa sulla plastica non ha alcuna logica razionale. Le aziende produttrici di imballaggi già pagano ai consorzi dai 150 ai 500 euro/t in funzione proprio delle differenti difficoltà di raccolta e riciclo dei prodotti. Produrre una tonnellata di plastica per imballaggi costa circa 1000 euro e la ventilata ipotesi di una tassa aggiuntiva del 20% metterebbe a rischio il futuro di 50 mila lavoratori e di 2000 imprese. Non si tratta di difendere gli interessi di un settore, ma di evitare un disastro dal punto di vista sociale e produttivo. Il Governo deve dotarsi di una seria politica industriale; basta seguire istinti ed emotività!”

 

“Vogliamo un pianeta migliore dal punto di vista ambientale”, ha continuato Falcinelli, “e la nostra categoria è in prima linea nel rivendicare dalle imprese investimenti per rendere le produzioni più sostenibili, ma siamo in un momento di forte transizione, che va governata usando la testa e non la pancia. Non si può pensare di fare cassa sulla pelle dei lavoratori. È ora che questo Paese, la seconda manifattura in Europa, investa nel suo tessuto industriale e nella ricerca, stimolandone lo sviluppo e l’ammodernamento. Contrarre forzatamente questo settore significa metterlo in difficoltà, desertificando importanti aree produttive e generando disoccupazione”.

 

L'invito a considerare le conseguenze di una demonizzazione del settore arriva anche da Delio Dalola, presidente di Unionchimica Confapi, l’associazione di settore della confederazione che raccoglie oltre 83 mila PMI private italiane.

 

"La categoria, che vanta un cospicuo numero di industrie attive nel settore delle materie plastiche", ha affermato Dalola, "esprime contrarietà per una nuova tassa (finalizzata a portare nelle casse dello stato 1,7 miliardi) e ne stigmatizza la palese “strumentalizzazione, attraverso quello che rappresenta solo un nuovo balzello, di fronte a un tema assolutamente non negoziabile come quello della protezione dell’ambiente e della transizione ecologica del Paese verso abitudini ecosostenibili da parte dei cittadini. Anziché puntare su tematiche di sostenibilità ambientale ed economia circolare, aiutando la riconversione del nostro tessuto produttivo e creando occupazione, con azioni come questa si mette in ginocchio un comparto produttivo che perderà migliaia di posti di lavoro”.

 

"La tassa sulla plastica si presenta come un’iniziativa separata rispetto al cosiddetto Green New Deal", ha aggiunto il presidente di Unionchimica. "Il tutto in assenza di una chiara politica di investimenti per il comparto della plastica, che da tempo sta investendo nella ricerca proprio in un’ottica di economia circolare. Come imprese del settore stiamo lavorando per aumentare le frazioni di materie riciclate e riciclabili rispetto alle materie vergini”.

 

Per l’associazione, inoltre, è necessario informare e formare correttamente le persone. “Le imprese del settore", ha concluso Dalola, "sono disposte a fare la loro parte e, di fatto, lo stanno facendo da anni anche in termini di ricerca e sviluppo di nuovi materiali, di recuperabilità e riciclabilità. Il Governo deve condividere con le associazioni l’impatto delle proprie iniziative legislative, per definire insieme correttivi nell’interesse dei cittadini, dei lavoratori e delle imprese. Di tale avviso sono anche i sindacati, che vogliono aprire con il Governo, insieme a noi, un tavolo di confronto”.