Le PMI italiane produttrici di palette in plastica per caffè associate a Confida, l’associazione italiana della distribuzione automatica, lanciano l’allarme: l’entrata in vigore della Direttiva SUP (Single Use Plastics) potrebbe trasformarle da leader di settore in Europa a rivenditori di prodotti importati dai Paesi extra UE, con forti ripercussioni sull’intera filiera della distribuzione automatica.
Il recepimento della Direttiva Europea 2019/904 sugli articoli monouso in plastica, la così detta Direttiva SUP, all’interno della Legge di Delegazione Europea (22 aprile 2021 n. 53) e la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale rischia di compromettere in maniera irreversibile l’esistenza di un intero settore produttivo italiano, quello delle palette in plastica per il caffè dei distributori automatici. Comparto, questo, in cui il nostro Paese è leader a livello internazionale e nel cui ambito operano aziende situate in diverse aree della penisola associate a Confida. Il divieto, che entrerà in vigore il 3 luglio prossimo, di immettere nel mercato europeo alcuni prodotti in plastica potrebbe infatti significare per il settore delle palette un taglio fino al 90% dei posti di lavoro.
Secondo Confida, non esisterebbero alternative valide alle palette in plastica per il caffè dei distributori automatici. “In base alla Direttiva Europea laddove non esistano alternative, come in questo caso, i singoli Paesi dovrebbero perseguire solo gli obiettivi di riduzione del consumo e non di divieto di immissione sul mercato. Quanto previsto dalla legge di recepimento italiana, quindi, prevede delle restrizioni sproporzionate e discriminatorie nei confronti dei produttori di palette, che subirebbero un danno economico ingente. L’intero settore del vending dopo il 3 luglio sarà in difficoltà per la mancanza di un accessorio fondamentale per l’erogazione del servizio”, ha commentato Massimo Trapletti, presidente di Confida.
L’associazione fa notare come la Direttiva SUP prevede che la plastica monouso attuale sia sostituita da un “polimero naturale non modificato chimicamente”. Tuttavia, quelle in bioplastica compostabile non reggerebbero le alte temperature tra gli 80 e i 90° delle bevande calde come tè, caffè e cioccolate. Quelle in legno, invece (a fine 2019 erano le palette in commercio in questo materiale erano l’1%, contro il 97% di quelle in plastica), oltre a non avere certificazioni di riciclabilità e a essere meno resistenti della plastica all’umidità e al calore interni alla macchina, sono un prodotto di importazione e, quindi, le aziende italiane a oggi leader europei nella produzione di palette in plastica rischiano di trasformarsi in semplici rivenditori di prodotti esteri.
Il comparto delle palette in plastica è composto da aziende italiane la cui attività si basa esclusivamente solo su questo prodotto. I macchinari all’avanguardia che vengono utilizzati nel processo di produzione non possono essere riconvertiti nella produzione di accessori in materiali diversi dalla plastica e la loro conseguente dismissione causerà alle aziende una perdita di valore per milioni di euro che si andrebbe a sommare alla crisi già in atto causata dal coronavirus. L’impatto della mancanza delle palette in plastica avrà inoltre ripercussioni sull’intero settore della distribuzione automatica, comparto in cui l’Italia è leader in Europa con oltre 820 mila distributori automatici, 3000 aziende di gestione e oltre 33 mila lavoratori.
“Le palette in plastica, inoltre, sono prodotti riciclabili composti dallo stesso materiale dei bicchierini utilizzati nei distributori automatici. Per questo motivo, sono state incluse nel progetto RiVending voluto e promosso da Confida, Corepla, e Unionplast, che si sposa con i principi europei dell’economia circolare fornendo un “fine vita” virtuoso alla plastica dei distributori automatici”, ha concluso Trapletti.