Esportazioni, Polieco: "Il vero problema sono i rifiuti non riciclabili"
“Pienamente d’accordo sulla proposta di introdurre quote obbligatorie di materiali riciclati nei prodotti, tanto che Polieco sta modificando il proprio marchio “Rifiuti km0” per consentire una identificazione della quantità di polietilene riciclato presente in un bene, ma le nuove misure sulle quali sta lavorando la Commissione europea ambiente con lo scopo di intensificare i controlli per prevenire spedizioni di rifiuti verso mete sprovviste di impianti adatti al loro trattamento deve essere accolta come una buona notizia e non come un ostacolo all’economia circolare, anche per non ricadere nella deprecabile pratica dei traffici illeciti di rifiuti”. Si è espressa così Claudia Salvestrini (nella foto a sinistra), direttrice del consorzio nazionale dei rifiuti dei beni in polietilene Polieco, intervenendo sulla recente presa di posizione di EuRic, la confederazione dei riciclatori europei sulla revisione, in senso restrittivo, delle normative comunitarie in tema di esportazioni.
Il segretario generale di EuRIC, Emmanuel Katrakis, infatti, ha affermato che “se i parlamentari UE pretendono che i rifiuti vengano riciclati in Europa, devono fissare obiettivi vincolanti per l'uso di materiali riciclati in prodotti intermedi a base di metalli, carta e plastica” e ha aggiunto che “se si andrà avanti con i divieti di esportazione, materiali di alto valore destinati al riciclo finiranno invece in discarica o inceneriti".
“È giusto sottolineare che i divieti di esportazione riguardano quei rifiuti plastici difficili da riciclare che altra presumibile destinazione non riescono ad avere se non la discarica o l’incenerimento, laddove non l’abbandono illecito”, ha aggiunto Salvestrini. “I materiali ben selezionati e adatti al riciclo hanno invece sempre trovato strade agevoli a fine vita in impianti di riciclo, per questo introdurre delle modifiche alla normativa comunitaria per garantire una maggiore tracciabilità dei rifiuti con l’accertamento della loro natura e destinazione finale in termini di sostenibilità ambientale non è un passo indietro per l’economia circolare ma un’occasione in più per prevenire azioni illecite che oggi, a seguito delle recenti modifiche normative, si traducono nella apposizione di codici doganali o Basilea di favore”.
Per Salvestrini, infine, il tema sul quale “si dovrebbe concentrare l’attenzione è soprattutto quello della carenza degli impianti di riciclo scaturita da una visione poco lungimirante che ha purtroppo trasformato molti attori di un settore nevralgico della nostra economia circolare in meri commercianti di rifiuti mortificando un comparto strategico che, come italiani, ci vedeva leader in Europa”.