Continua il dibattito sulla messa al bando dei sacchetti in plastica che dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2011.
In un comunicato stampa di alcuni giorni fa Unionplast - l'associazione dei produttori di manufatti in plastica parte di Federazione Gomma Plastica - riteneva che tale messa al bando contiene insidie nascoste con danni per l'industria e problemi per il consumatore, dovuti al mancato avvio di un vero piano di ricerca, previsto dalla stessa normativa, per adeguare il mercato al radicale cambiamento imposto dalla Legge Finanziaria 2007.
L'associazione ha articolato la propria posizione sulla questione riferendo di una lettera inviata ai parlamentari italiani per fare il punto sul divieto di commercializzazione degli shopper.
A sostegno della sua posizione, Unionplast ritiene che l'applicazione della norma in questione andrebbe a minacciare le condizioni competitive complessive di un rilevante numero di imprese. Le attuali tecnologie sarebbero inadeguate per l'utilizzo delle bioresine e i costi stimati di riconversione degli impianti ammonterebbero mediamente a 30.000-50.000 euro per ogni linea di produzione, mentre i costi di acquisto del biopolimero sono stimati in un rapporto di 3 a 1 rispetto alle resine derivate dal petrolio. Inoltre, viene ricordato che gli shopper in plastica sono oggi ampiamente utilizzati dal consumatore e, secondo i dati del 2009, a fronte di un immesso al consumo di 200.000 ton circa 65.000 sono riciclate.
La risposta di Legambiente, che ribadisce il proprio fermo no alla proroga della messa al bando dei sacchetti in plastica, non si è fatta attendere. Secondo l'associazione ambientalista gli allarmi degli industriali degli ultimi giorni  sarebbero inutili e le argomentazioni in gran parte false a fronte di dati che apparirebbero in alcuni casi volutamente lacunosi.
In primo luogo non sarebbe vero che la produzione di bioplastica sottrae risorse al mercato alimentare né che manchino valide alternative ai sacchetti in plastica. Legambiente ritiene che la legge in discussione non sarebbe dannosa per l'economia e le esportazioni nazionali; anzi, al contrario, anticiperebbe quello che presto potrebbe accadere in altre parti del mondo, rafforzando la spinta all'innovazione di aziende e produzioni nostrane, preparandole a esportare nuovi prodotti, brevetti ed esperienze.
In sintesi: continua il confronto tra i sostenitori della realtà reale e quelli che intravedono visioni lontane…