Nei giorni scorsi è scomparso all’età di 95 anni Dino Sandretto, fondatore, nel 1946 insieme al fratello Modesto (morto nel 2004), di Sandretto, società che sarebbe diventata una delle prime costruttrici di presse a iniezione nell’immediato secondo dopoguerra, portando Pont Canavese (Torino), dove aveva sede, a essere conosciuto in tutto il mondo. I due fratelli avevano dato vita a Sandretto dopo la chiusura di Mazzonis, manifattura tessile che all’epoca era l’attività imprenditoriale più importante della zona e che per decenni aveva dato lavoro a moltissime famiglie. Una tipica storia di “capitani d’industria” che dal nulla avevano saputo creare un’azienda rinomata in tutto il mondo, capendo che era giunto il momento propizio per investire nello stampaggio della plastica.
L’azienda Sandretto in poco tempo divenne una delle più importanti nel panorama italiano e internazionale nell’industria delle materie plastiche, le cui macchine erano sempre all’avanguardia per tecnologia e applicazioni. E con essa anche Dino Sandretto diventava sempre più autorevole e carismatico nel settore. Nel 1981 veniva eletto alla presidenza di Assocomaplast (oggi Amaplast), l’associazione dei costruttori italiani di macchine e stampi per la lavorazione di materie plastiche e gomma, carica che ricoprì fino al 1985. Nel 1984 veniva chiamato alla guida anche di Euromap, l’analoga istituzione che raggruppa a livello europeo le associazioni nazionali dei costruttori.
Sotto la sua guida Assocomaplast rappresentava circa 250 aziende che davano occupazione approssimativamente a 12 mila addetti in vari ruoli, cui si aggiungeva un indotto di almeno altre 5000 persone, per un fatturato complessivo di 780 miliardi di lire con esportazioni per circa 300 miliardi. Alla scadenza del mandato di Dino Sandretto, fatturato ed esportazioni erano saliti rispettivamente a 1680 miliardi e 586 miliardi di lire. Lungimirante era anche la sua visione del settore in cui operava e che aveva guidato per un lustro. Già negli Anni Ottanta, quando cominciavano a sorgere i primi movimenti di protesta ecologisti, era solito dire che i sacchetti di plastica che galleggiano nei mari, le bottiglie gettate nei greti dei torrenti o gli imballaggi abbandonati fuori dai cassonetti preposti alla raccolta differenziata non erano i colpevoli dell’inquinamento, mentre la responsabilità era di chi si disfaceva di quegli oggetti in spregio all’ambiente e alle basilari regole di convivenza civile.
Partiti insieme, i due fratelli avevano guidato l’azienda fino agli Anni Novanta, quando era stata ceduta prima all’italiana Cannon, in seguito alla statunitense Taylor’s HPM e alla brasiliana Romi e infine alla belga Photonike. Nel 2017 l’azienda era stata dichiarata fallita. Nella palazzina liberty di rappresentanza di Sandretto a Pont Canavese oggi ha sede il Museo Cannon-Sandretto “Civiltà della Plastica”, che durante le festività pasquali ha riaperto i battenti fino alla fine di ottobre.