L’industria italiana del riciclo si conferma un’eccellenza del nostro Paese e una risorsa strategica per l’economia circolare e la decarbonizzazione dell’economia nazionale ed europea; un prezioso strumento per ridurre la nostra tradizionale dipendenza energetica. Dal 2020 l’uso circolare di materia in Italia sta vivendo una fase di contrazione. Per rafforzare il ruolo strategico del settore e dare sostanza alla circular economy è oggi necessario seguire un’agenda di riforme che veda impegnate istituzioni nazionali ed europee e operatori del settore. Sono queste le principali evidenze emerse nel corso della presentazione, tenutasi a Roma il 26 novembre, del rapporto annuale “L’Italia che Ricicla”, promosso dalla sezione Unicircular di Assoambiente, l’associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero, economia circolare e smaltimento di rifiuti, nonché bonifiche.
Il settore dell’economia circolare rappresenta un importante volano economico per l’economia italiana: il valore aggiunto del settore (ossia il reddito lordo dalle attività operative) si attesta al 2,5% del PIL. Un dato più alto della media europea che trova conferma anche sul fronte dell’occupazione: nel Belpaese lavorano circa 613 mila persone a tempo indeterminato nel comparto dell’economia circolare, circa il 2,4% degli occupati a tempo indeterminato.
Sino alla pandemia, il nostro Paese aveva registrato un costante aumento dell’utilizzo di materiali riciclati nei processi produttivi, dal 2020 questa tendenza si è invertita, con un aumento dei consumi, cui ha fatto da contraltare una riduzione dell’utilizzo di materie prime ottenute dal riciclo. Per riprendere un percorso virtuoso da un punto di vista ambientale, l’uso circolare della materia deve essere supportato in modo più incisivo. Sono necessari nuovi investimenti: secondo gli ultimi dati, la quota di PIL investita in economia circolare in Italia è pari allo 0,7%, inferiore sia alla media europea (0,8%), che a quella delle principali economie come Germania (0,9%) e Francia (0,8%).
Nel 2023 l’Italia è risultata importatrice netta di materie prime seconde per circa otto milioni di tonnellate, a testimonianza di un potenziale di crescita che potrebbe essere sfruttato dall’industria del riciclo, se adeguatamente sostenuta, soprattutto nei settori dell’organico, dei metalli ferrosi e non ferrosi e del vetro. I flussi di materie in entrata provengono principalmente dall’Europa continentale e dal continente americano, mentre i flussi in uscita sono diretti principalmente verso Turchia, India e Cina.
“È oggi necessaria una strategia industriale che consideri la circolarità come un pilastro essenziale per la competitività e la sostenibilità del Paese. In particolare, vanno rimosse le barriere regolatorie che rappresentano il vero freno alla decarbonizzazione del nostro sistema produttivo”, ha affermato a margine dell’evento Paolo Barberi, presidente della sezione Unicircular di Assoambiente.
La risposta alle sfide a cui l’industria italiana del riciclo è chiamata ad affrontare nei prossimi anni è contenuta nell’“Agenda 2030 per il Riciclo”, formulata da Assoambiente attorno a cinque punti strategici, per delineare il piano di transizione verso un’economia circolare matura:
- il completamento del mercato unico europeo per i prodotti riciclati: vanno rimossi gli ostacoli normativi, burocratici e regolamentari, uniformando le normative dell’End of Waste;
- il riconoscimento del contributo del riciclo alla decarbonizzazione, con il conseguente sostegno economico a queste attività per la capacità di ridurre o evitare emissioni;
- una rivoluzione fiscale per il riciclo: vanno ripensati i regimi a sostegno di questi beni, prevedendo strumenti come il credito d’imposta per l’economia circolare, l’IVA agevolata su materie prime seconde e la revisione della tassazione ambientale;
- il rafforzamento delle attività complementari al riciclo: occorre migliorare quantità e qualità delle raccolte differenziate e potenziare il recupero energetico per le frazioni non riciclabili;
- un ripensamento normativo e amministrativo delle regole per il riciclo: vanno recepite in modo efficace le prescrizioni europee, anche attraverso un maggiore coinvolgimento degli operatori e rafforzati gli appalti green delle PA e i Criteri Ambientali Minimi (CAM).
“L’industria del riciclo oggi può rivelarsi strategica anche per ridurre la dipendenza del nostro Paese dall’importazione di materie prime (anche di quelle “critiche”) e di energia da altri Paesi, portando a compimento finalmente l’atteso disaccoppiamento tra andamento delle attività economiche e consumo di materia, già raggiunto da altre economie europee”, ha aggiunto Chicco Testa, presidente di Assoambiente.