Plastica, settore strategico dalle proprietà virtuose ma ancora poco conosciute, i cui numeri sono di tutto rispetto: in Europa dà lavoro a circa 1,5 milioni di addetti, di cui quasi 160 mila in Italia, dove rappresenta il 14% (circa 43 miliardi di euro) del fatturato totale del manifatturiero. L'Italia è al terzo posto in Europa per occupati, fatturato e valore aggiunto delle fasi di produzione e trasformazione delle materie plastiche. Rappresenta il secondo mercato di consumo e il secondo produttore di macchinari e può vantare eccellenze industriali nei materiali innovativi, anche di livello mondiale.
Realizzato da The European House Ambrosetti e presentato il 25 novembre a Milano presso la sede di Federchimica, lo studio "L'eccellenza della filiera della plastica per il rilancio industriale dell'Italia e dell'Europa" affida un ruolo di primo piano alle materie plastiche, con proiezioni che attribuirebbero grandi potenziali di crescita non solo per tutto il manifatturiero, ma anche per l'economia: per ogni 100 euro di PIL prodotto nel settore della plastica verrebbero generati 58 euro di PIL per la manifattura e 238 euro di PIL complessivo per il sistema economico nel suo insieme; per ogni unità di lavoro in più nel comparto della plastica si prevedono 2,74 unità di lavoro in più; un miglioramento del 10% del fatturato complessivo della filiera della plastica italiana può portare a un aumento dello 0,6% del PIL nazionale (+4,6% nel comparto manifatturiero) e alla creazione di oltre 40 mila nuovi posti di lavoro. Lo studio, alla cui realizzazione ha collaborato Paolo Savona (professore universitario già Ministro dell'Industria nel Governo Ciampi), identifica anche linee strategiche precise per indirizzare il settore verso un percorso virtuoso, superando gli ostacoli che ne frenano lo sviluppo. Anzitutto le barriere culturali: quasi un italiano su due mostra diffidenza verso la plastica; i motivi sono tanti, ma il più condiviso è la preoccupazione per l'impatto ambientale lungo tutto il ciclo di vita, compresa la termovalorizzazione.
"Un timore infondato: sostituire le materie plastiche comporterebbe un aumento del 57% del consumo d'energia e del 61% delle emissioni di anidride carbonica", ha dichiarato Daniele Ferrari, presidente di PlasticsEurope Italia, l'associazione di Federchimica che raggruppa i produttori di materie plastiche. "Serve una campagna informativa che comunichi ai cittadini il reale valore della plastica e le sue corrette modalità di utilizzo. La plastica ci fa risparmiare risorse ed energia, consente migliori e più ricchi raccolti della nostra agricoltura, contribuisce a ridurre le emissioni e l'impatto ambientale, per esempio attraverso l'isolamento degli edifici, e ci permette di utilizzare l'energia proveniente da fonti rinnovabili. Rende la nostra vita più sicura e confortevole: non esiste altro materiale che abbia le proprietà per sostituirla".
"La prima opzione per la valorizzazione dei rifiuti plastici è quella del riciclo, le cui percentuali in Italia sono allineate a quelle dei paesi più virtuosi in Europa, anche grazie all'attività del consorzio Corepla, che presiedo per il secondo mandato", ha fatto notare Giorgio Quagliuolo, presidente anche di Unionplast, l'associazione dei produttori di manufatti in plastica aderente a Federazione Gomma Plastica. "Manca invece un adeguato recupero energetico dei rifiuti in plastica che non sono raccolti in modo indifferenziato e vengono quindi avviati alla discarica. La nostra industria ha invece il preciso obiettivo di eliminare i rifiuti in discarica entro il 2020, col progetto "Zero Plastics to Landfill by 2020". La trasformazione dei rifiuti plastici in energia attraverso la termovalorizzazione - anche per una percezione errata dell'opinione pubblica - è ancora poco utilizzata: esempi dall'Europa Centro-Settentrionale dimostrano come sia possibile attivare meccanismi virtuosi per la co-combustione dei rifiuti, attraverso impianti moderni che garantiscano il contenimento delle emissioni in atmosfera".
"Vogliamo una politica industriale proattiva per lo sviluppo del settore e il presidio dell'intera filiera con scelte mirate sulla gestione degli attuali vincoli allo sviluppo: costi dell'energia dei macchinari; logistica e asimmetrie competitive con i paesi extra UE, per esempio sulle norme riguardanti la sicurezza; modifiche a dazi doganali per merci extra UE; detassazione degli investimenti in ricerca e sviluppo delle imprese (dove, nel 2011, gli investimenti del settore plastico europeo sono stati pari a 3,3 miliardi di euro)", ha chiesto Giorgio Colombo, presidente di Assocomaplast, che raggruppa i costruttori italiani di macchinari, stampi e attrezzature per plastica a gomma. "La ricerca deve essere focalizzata su aree strategiche, ad esempio i settori trainanti del made in Italy, anche per essere attrattivi a livello internazionale. Voglio ricordare che la filiera italiana delle materie plastiche presenta più punte di assoluta eccellenza, ad esempio il settore delle macchine di trasformazione".